by Alfredo Marsala * | 20 Agosto 2019 8:31
Lampedusa. Scendono dal pulmino Hikma e Amina, avvolte nei loro hijab. Sorridono, finalmente. Alle spalle queste due ragazze, di 18 e 20 anni, hanno gli orrori delle prigioni della Libia. Botte e torture, per tre lunghi anni. Dall’hotspot le hanno portate assieme a 24 minori e ad altre 11 persone nel molo per imbarcarle sul traghetto Siremar, destinazione Porto Empedocle, in provincia di Agrigento. Lasciano Lampedusa.
GLI ALTRI DELL’OPEN ARMS, invece, sono ancora lì sul ponte della nave. Oggi è il diciannovesimo giorno. Sono sfiniti i naufraghi. Osservano il costone di Cala Francese nella speranza di poter toccare la terraferma. Dista solo 800 metri. Eppure rimangono lì, sotto il sole cocente, avvolti nelle tende di fortuna, costretti in condizioni disumane, ammassati l’uno sull’altro. «Fateli scendere, subito», l’appello di don Carmelo La Magra, il parroco dell’isola che continua la sua battaglia con gli attivisti che quasi ogni giorni si radunano sul sagrato di San Calogero, mentre frotte di turisti invadono via Roma in questa coda ferragostana.
MENTRE SI TEME per un nuovo maxi naufragio davanti le coste della Libia con almeno cento dispersi, come riferisce Alarm Phone citando un pescatore testimone della tragedia, Open Arms aspetta segnali concreti dai governi di Italia e Spagna, dopo avere ricevuto, in via ufficiale, la disponibilità a collaborare per sbloccare lo stallo. Le diplomazie dei due paesi sarebbero al lavoro per stabilire una linea comune, anche se il tempo scorre inesorabile. Come se nulla fosse. Se la ong spagnola ha accettato la proposta di trasferimento dei migranti in un porto delle Baleari – Minorca o Maiorca -, rimane aperto il problema di come si debba procedere.
«SE DAVVERO UN ACCORDO è stato trovato, è indispensabile che Italia e Spagna si assumano la responsabilità di mettere a disposizione tutti i mezzi necessari», avverte Open Arms. «Con la nostra imbarcazione a 800 metri dalle coste di Lampedusa, gli stati europei stanno chiedendo a una piccola ong, come la nostra, di affrontare 590 miglia e 3 giorni di navigazione, in condizioni meteorologiche peraltro avverse, con 107 persone stremate e 19 volontari molto provati che da più di 24 giorni provano a garantire quei diritti che l’Europa nega», attaccano Oscar Camps e Riccardo Gatti. Che bocciano la proposta del ministro Toninelli di fare scortare l’imbarcazione spagnola da navi militari della Guardia costiera fino alle Baleari. «Non possiamo navigare con la situazione che c’è a bordo», dicono perentori Camps e Gatti. Anche l’ipotesi di trasferire una parte dei naufraghi nelle navi militari, mentre il resto rimarrebbe sull’imbarcazione spagnola, viene scartata dalla ong. A sera Toninelli propone allora «un ulteriore passo avanti: siamo disponibili a portare noi, con la Guardia costiera, nel porto iberico che ci verrà indicato tutti i migranti a bordo della Open Arms». Ma pretende che «la Spagna tolga immediatamente la sua bandiera dalla nave ong». La sensazione è che il governo italiano voglia definitivamente fuori dalle acque territoriali Open Arms, mentre la ong spagnola sarebbe pronta a riprendere la missione nel Canale di Sicilia.
OPEN ARMS, dal canto suo, ha messo in campo due proposte: il trasferimento dei naufraghi in aereo o con traghetti di linea. «Per dare dignità a queste persone potrebbero trasferirli a Catania e da lì in aereo portarli a Madrid – è l’idea lanciata da Camps e Gatti – Affittare un boeing per 200 persone costa 240 euro a passeggero. La soluzione Aquarius, lo scorso anno, per una nave della Guardia costiera è costata 250 mila euro mentre la spesa per l’altra nave neanche si è saputa». L’alternativa è l’uso di traghetti, e non di navi militari «per fare viaggiare queste persone, stremate, in condizioni umane».
LA PORTAVOCE della Commissione Ue Natasha Bertaud lancia «un appello agli Stati membri e alle ong a collaborare per trovare una soluzione che funzioni e che permetta uno sbarco immediato delle persone». Spiegando, inoltre, che il commissario Dimitris Avramopoulos ha sollevato anche la questione dell’Ocean Viking, la nave norvegese con 356 naufraghi a bordo da oltre una settimana tra Malta e Lampedusa. «Ogni giorno in più è un giorno di tortura per chi è bordo dell’Open Arms – sbotta il prete di Lampedusa – anche perché dovranno scendere comunque. L’arrivo di altri migranti con i barconi, l’ultimo la scorsa notte, dimostra che non sono le ong a prenderli a tutti i costi: comunque in centinaia continuano ad arrivare».
Ieri, a bordo di 5 pulmini, 37 naufraghi dell’Open Arms sono stati imbarcati sulla nave Sansovino della Siremar e hanno lasciato Lampedusa. Ma ne sono arrivati altri 37: migranti intercettati dalla Guardia di finanza in due operazioni differenti. Nel centro al momento ci sono 118 persone.
* Fonte: Alfredo Marsala, IL MANIFESTO[1]
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