Mediterranea. Salvini blocca ancora i porti contro la nave carica di bambini

by Adriana Pollice * | 29 Agosto 2019 9:37

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All’alba di ieri la nave Mare Jonio, della piattaforma italiana Mediterranea, è riuscita a individuare un gommone alla deriva a 70 miglia da Misurata con 98 persone a bordo, tantissimi i bimbi molto piccoli. I volontari hanno messo in mare i mezzi di soccorso mentre dalla nave si attivava il canale di comunicazione con il Centro di coordinamento di Roma e, per la prima volta da 14 mesi, il copione è cambiato. «Individuati i naufraghi – racconta Beppe Caccia, di Mediterranea – alle 9.19 hanno inviato una mail al Centro di coordinamento di Roma per chiedere il porto sicuro di sbarco. Alle 10.15 la risposta: contattate Tripoli». I volontari insistono: «Impossibile riferirci alle autorità di un paese in guerra civile dove si consumano torture e trattamenti inumani. Reiteriamo all’Italia la richiesta di istruzioni compatibili col diritto internazionale, le convenzioni internazionali e i diritti umani».

QUI IL COPIONE è cambiato: alle 11.52 Roma ha preso atto e «inoltrato la richiesta alle competenti autorità». Dal 2017 (con il dem Marco Minniti ministro) è il Viminale che concede il porto di sbarco. «Con questa risposta Roma ha assunto il coordinamento del nostro caso – spiegavano ieri da Mare Jonio -. L’ultima volta in cui ha chiesto l’assegnazione di un porto sicuro per una nave ong è stato l’8 giugno 2018, con lo sbarco a Reggio Calabria di Sea Watch 3».

MATTEO SALVINI, con i piedi fuori dal ministero dell’Interno, ieri ha firmato il divieto di ingresso nelle acque territoriali per la Mare Jonio. Il Centro di coordinamento, gestito dalla Guardia costiera (a sua volta sotto la competenza del ministero delle Infrastrutture e della Difesa), questa volta sembrerebbe essersi smarcato dal Viminale. Nel pomeriggio la Guardia costiera ha minimizzato: «Non abbiamo assunto il coordinamento dell’evento. Il Centro ha riferito all’ong di avviare l’interlocuzione con la Libia. Ogni richiesta di un luogo di sbarco viene inoltrata al ministero dell’Interno». Ma è Caccia a spiegare: «Nel salvataggio di maggio con me a bordo, Roma si è limitata a dirci di chiamare Tripoli e poi più nulla».

IN BASE AL DECRETO SICUREZZA bis, dopo la firma di Salvini dovrebbero arrivare quelle dei ministri 5S Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta. Martedì le loro sigle sotto il divieto di ingresso per la Eleonore dell’ong Lifeline erano arrivate rapidamente. Ieri silenzio assoluto, sintomo di un lavorio per gestire il caso e il cambio di linea chiesto dal nuovo alleato dem. In serata però via libera dalle Infrastrutture. «Si rassegnino i signori del Pd – il commento di Salvini -. Ringrazio Toninelli che ha firmato in piena continuità con quello che il governo Conte sta facendo da mesi». Per ultima si è arresa Trenta: «Sì alla firma ma assistere chi ha bisogno».

Mare Jonio mercoledì si era posizionata tra Misurata e Tripoli per pattugliare lo specchio di mare dove c’è stato il naufragio con oltre 40 dispersi segnalato da Alarm Phone. Intorno alle 5 di mattina il radar ha iniziato a battere un segnale discontinuo ma ripetuto. I volontari sono arrivati intorno alle 6.30 e hanno individuato un gommone nero con un tubolare già sgonfio, carico di naufraghi. Ci sono volute due ore per metterli tutti in salvo. Alla fine si contavano 98 persone: 26 donne (almeno 8 incinte); 22 bimbi sotto i 10 anni, due sono neonati («li abbiamo trovati con il ciuccio», raccontano) e almeno altri 6 minori non accompagnati.

SEGNI DI IPOTERMIA e disidratazione: «Sono stati due notti alla deriva su un mezzo che galleggiava a metà ma di sicuro non navigava – ha spiegato da bordo Luca Casarini -. Ci hanno raccontato che almeno in sei sono finiti in mare la prima notte e non sono più riemersi. Li abbiamo liberati rapidamente dei vestisti, impregnati di carburante e acqua di mare. I più piccoli giocano, corrono sul ponte, è una gioia vederli allegri ma l’equipaggio è in allerta, temiamo possano finire in mare. Siamo diventati la nave dei bambini». E ancora Casarini: «Hanno segni evidenti di maltrattamenti e torture subiti in Libia. Un uomo non riesce a camminare. Fuggono tutti dall’inferno. Sulla Mare Jonio non possono rimanere a lungo, hanno diritto a sbarcare e a ricevere cure. Il Viminale ritiene un pericolo per il paese i bimbi e le loro famiglie».

* Fonte: Adriana Pollice, IL MANIFESTO[1]

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  1. IL MANIFESTO: https://ilmanifesto.it/

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