by Giansandro Merli * | 1 Agosto 2019 12:08
Epaminondas Korkoneas, il poliziotto che il 6 dicembre 2008 sparò e uccise Alexis Grigoropoulos (15 anni) nel quartiere ateniese di Exarchia, è tornato in libertà. Lunedì 29 maggio il tribunale d’appello di Lamìa ha trasformato l’ergastolo emesso in primo grado in una condanna a 13 anni. Il pubblico ministero ne aveva chiesti 15. Grazie a uno sconto di pena per attività lavorative svolte durante gli 11 anni di detenzione, l’uomo è stato scarcerato il giorno seguente. Assolto completamente Vasilis Saraliotis, il collega che si trovava con Korkoneas al momento dell’omicidio. In primo grado era stato condannato a 10 anni. Ne ha scontato solo uno. In base alla legge greca, l’appello alla Corte suprema sarà possibile solo se richiesto dal Pm.
«Questa sentenza armerà le mani dei prossimi Korkoneas», ha dichiarato alla stampa Zoe Kostantopoulou, presidente del parlamento greco durante il primo governo Syriza e legale della famiglia Grigoropoulos insieme al padre Nikos. «Era chiaro che sarebbe andata così – dice al manifesto Yorgos Thalassis, preside della scuola frequentata dal ragazzo e testimone al processo – L’atteggiamento dei giudici è stato inequivocabile sin dall’inizio. È un segnale di impunità a tutte le forze dell’ordine».
Il governo di Nea Demokratìa, insediatosi il 9 luglio scorso, ha attribuito le responsabilità della decisione al nuovo codice penale votato dal precedente esecutivo di Alexis Tsipras ed entrato in vigore un mese fa. La normativa è frutto di un lungo lavoro portato avanti negli anni da giuristi di diverse ispirazioni politiche con lo scopo di abbassare le pene, che per alcuni reati erano le più alte in Europa, e garantire maggiori tutele a indagati e condannati. Dopo la riforma, il reato di omicidio volontario è punito con un massimo di 15 anni di carcere se l’autore del crimine è incensurato e ha condotto una vita onesta ed esemplare fino al fatto.
«Quest’attenuante esisteva anche nel vecchio codice penale, ma in primo grado non era stata riconosciuta – continua Thalassis – Il nodo è un altro: averla concessa a un poliziotto che dai colleghi era chiamato Rambo. Dopo aver ucciso Alexis, Korkoneas ha telefonato a casa sua e ha detto: “È successo qualcosa, tornerò tardi”. Era sicuro dell’impunità. Pensava di aver colpito un ragazzo dei quartieri poveri che non sarebbe stato difeso da nessuno. Invece la famiglia del 15enne ha avuto la possibilità di pagare perizie balistiche e spese legali e smontare le menzogne diffuse dalla polizia».
L’omicidio del ragazzo scatenò un’ondata di rivolte che ebbero come epicentro il quartiere di Exarchia, entrato così nella mitologia dei movimenti radicali europei, e da lì si diffusero in tutta la Grecia. Furono occupate scuole e università quasi ovunque. Insieme alla rabbia e alla violenza dei cortei più determinati esplose una grande creatività tra i giovani greci e si moltiplicarono le forme di autorganizzazione e le reti di solidarietà. «È stata un’esperienza cruciale per i movimenti contro l’austerity che sono nati negli anni successivi – racconta Yorgos Maniatis, attivista della Rete per i diritti politici e sociali – È strano ripensarci con una prospettiva storica: quelle enormi mobilitazioni preludevano a qualcosa che stava per accadere in tutta Europa, ma sono avvenute quando la crisi economica ancora non c’era».
Alle 20 locali di ieri i gruppi del movimento greco si sono dati appuntamento all’incrocio tra via Tzavella e Messologiou, sul luogo dell’omicidio. Nonostante il caldo afoso, oltre mille persone hanno sfilato in corteo, nella prima mobilitazione dall’insediamento del governo di Nea Dimokratìa.
* Fonte: Giansandro Merli, IL MANIFESTO[1]
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