Gallarate, razzismo in Comune

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Gallarate. Parole violente, atti violenti. È questa la sequenza andata in scena a Gallarate in provincia di Varese dove, oltre alla pubblicazione di un post xenofobo su Facebook da parte del sindaco leghista, Andrea Cassani, si è verificata un’aggressione razzista in piena regola nei confronti del sagrestano italiano originario del Burundi, Deodatus Nduwimana. Tutto è successo sabato, quando il primo cittadino ha accusato sul social network un sessantenne tunisino di aver incendiato un’auto «siccome si annoiava», auspicando che fosse «riaccompagnato a calcioni nel sedere nel suo paese di origine».

Peccato, però, che lo straniero fosse la vittima e non l’autore del rogo, da addebitare invece, a un sessantenne italiano con disagio psichico. Accortosi di quello che, a distanza di ore, ha definito semplicemente «un errore», nonostante fin dal giorno prima si sapesse già l’identità e la nazionalità del piromane, il primo cittadino Cassani ha subito rimosso il post ma le polemiche non si sono placate. Nella stessa giornata di sabato, sempre a Gallarate, l’odio contro il diverso, però, ha superato i confini di internet e si è materializzato nella pubblica piazza dove il sagrestano nero della basilica di Santa Maria Assunta è stato aggredito. A spingerlo e a farlo cadere a terra è stato un uomo che, come già era successo in passato, lo ha ricoperto di insulti a sfondo razziale. Questa volta, però, alle ingiurie hanno fatto seguito le spinte e la violenza fisica.

«È chiaro che non c’è un legame diretto tra il post del sindaco e l’aggressione al sagrestano», commenta Cinzia Colombo, ex assessore di Gallarate ed esponente di Sinistra per Gallarate, «ma è altrettanto vero che il sindaco Cassani, con i suoi post su Facebook e le azioni intraprese contro i sinti della città, alimenta consapevolmente l’odio e la paura nei confronti del diverso». Tanto più utile, sottolinea, per far dimenticare i guai giudiziari di un’amministrazione cittadina che solo poche settimane fa ha visto l’arresto di uno dei suoi assessori, finito in carcere per un giro di tangenti e corruzione.

* Fonte: Alessandro Pirovano, IL MANIFESTO



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