Conte 2. Nuovo umanesimo? Allora aprite i porti ai migranti
Incarico di governo. Occorre impegnarsi a riconquistare la società che abbiamo perduto
La prima ragione per la quale sono favorevole a che si faccia al più presto il governo Conte 2 è per far sbarcare quei poveracci ammassati sulle navi soccorritrici delle ong che rischiano di affogare. So bene che chiamare brutto l’esecutivo che si prepara è un eufemismo; e anche che decidere solo in base a come tratterà gli immigrati non è criterio sufficiente per giudicarlo nel suo insieme. E però a me al momento mi basta anche solo questo, perché in questo «solo» ci sono le vite di quelle donne e di quei ragazzi e bambini che ci guardano dallo schermo televisivo terrorizzati ma anche stupefatti dalla nostra cattiveria.
C’è poco tempo per salvarli, loro e quelli che sappiamo continueranno ad arrivare nonostante il rischio che sanno di correre. E so che ogni altra soluzione alla nostra crisi di governo – ritorno alla compagine precedente, o lunghissima e assai probabilmente perdente campagna elettorale – rappresenterebbe per loro una sentenza di morte.
Sebbene sia rimasta stupefatta per l’allineamento di Toninelli e Trenta al diktat enunciato da Salvini nelle sue ultime ore di esercizio ministeriale, una «disciplina» tanto più inspiegabile in quanto proprio questi due ministri sembravano in un primo tempo – ma era solo conflitto di competenze – non allineati al decreto sicurezza bis; e sebbene sia sconsolata per il silenzio, proprio sul tema migranti, nel primo discorso del presidente incaricato da Mattarella.
Nonostante tutto questo credo che, almeno su tale problema, finirà per esserci una discontinuità con il Conte 1: non ha forse parlato di «nuovo umanesimo»: e allora apra i porti ai naufraghi-migranti. Ma anche la dura requisitoria pronunciata in Senato contro Salvini – un discorso per molti versi stupefacente per un’Aula come quella (che ha infatti lasciato allibiti gli osservatori esteri di ogni parte politica) dovrebbe garantire una correzione in quella che è stata la linea più caratterizzante della sua politica, quella dei «porti chiusi».
Direte che il mio è ottimismo da quattro soldi. Che anteporre la politica migratoria ad altre cose più importanti non è giusto. Ma, scusate, che cosa ci offrirebbe di importante e di buono il ricorso al voto? Solo chi ha una ben misera concezione della democrazia può pensare che sia cosa buona e dignitosa per il paese, ridare comunque la parola agli elettori. La democrazia rappresentativa, quella prevista dalla nostra Costituzione, è svuotata di senso se è solo voto ogni qualche anno da parte di una società socialmente e culturalmente frantumata come quella italiana attuale, dove non esistono più quegli organismi intermedi che garantiscono un canale di comunicazione fra cittadino e istituzioni, che attrezzano a declinare il noi, a leggere la propria condizione attraverso una griglia di classe (come è indispensabile se si vuole capire il senso delle proposte politiche), a comprendere la complessità dei problemi.
Nella prima Repubblica questo ruolo è stato assolto con limiti ma anche con successo, dai grandi partiti di massa; oggi questi organismi indispensabili alla democrazia non esistono più, così come sempre più assenti sono altre forme di democrazia organizzata. In queste condizioni una campagna elettorale non rafforza granché la democrazia; tanto meno potrebbe farlo quella che si prospetta, con una parte di elettorato che si è bruscamente e solo per confusa protesta spostata su formazioni appena emerse, l’altra metà che si è rifugiata nell’astensione.
Non voglio certo dire che votare non serve, ma vorrei che non ci imbrogliassimo a vicenda pensando che l’incattivito, violento, incolto scontro che si verificherebbe, comandato da social incontrollabili e da insopportabili chat televisive , rafforzerebbe la democrazia. Il maggior pericolo sta proprio nell’usare formalmente le regole della democrazia per affossarla. La storia insegna.
C’è molto da fare per ricostruire le condizioni di un confronto meno barbarico e prima ci mettiamo mano, dando a questo obiettivo la priorità che merita nell’agenda politica, meglio sarà. Ma occorre impegnarsi a riconquistare la società che abbiamo perduto e non restare circoscritti all’ossessione del governo.
Come sarà questo Conte bis? Sento ripetere da molti (Cacciari per ultimo, anche se inizialmente mi era sembrato di opposto parere) che non è «operazione dignitosa». Limpida non è certo, nessuno credo ne dubiti. Ma di limpido c’è francamente poco in circolazione, e non vedo proprio che razza di governo migliore potrebbe uscire dal voto immediato che viene invocato, anche ammesso che si riuscisse a contenere una pericolosa prepotente e massiccia vittoria della Lega. Nessuno è in grado di prevedere per domattina un governo decente.
E allora si tratta, senza illusioni, di accettare questo compromesso fra un Pd certo poco credibile per cosa è stato da tempo e di cui è lungi dall’essersi autocriticato; e un movimento 5 stelle zeppo di contraddizioni arroganza e ignoranza, ma che – non dimentichiamolo – ha raccolto alle ultime elezioni il voto di una larga parte dell’elettorato di sinistra. Per rabbia e sfiducia. «Perché c’è bisogno di un botto» – mi sono sentita dire da tanti durante la campagna elettorale. (Forse le sue contraddizioni sarebbero scoppiate prima e meglio se il Pd si fosse deciso subito a tentare l’operazione cui oggi è stato quasi costretto). Adesso, liberati dall’ipoteca della Lega, quegli elettori si trovano ad aver a che fare, anziché con una rimessa in discussione del quadro politico italiano (l’auspicato «botto»), con il partito che hanno votato che indica un premier che sembra uscito da Piazza del Gesù ( per i più giovani, l’antica sede della Dc) . Ha persino ricevuto il tradizionale e approssimativo placet dell’alleato americano!
Dipende da noi se sapremo usare del tempo che ci darà per far emergere più limpidamente le sue contraddizioni (che non sono solo fra i grillini e il Pd, ma attraversano ambedue i corpi, e anche più profondamente) e riaggregare, politicamente, socialmente e culturalmente un reale schieramento alternativo. Se Salvini, che tuttavia appare già in parte dimezzato (i leader come lui vincono solo se appaiono vincenti), riuscirà ad usare la debolezza e gli equivoci del Conte 2 (e ad approfittare della attuale legge elettorale che ricompatterebbe la destra) per una anche più schiacciante vittoria, dipenderà molto da quanto riusciremo a mettere in campo noi, che per fortuna siamo nella società un’area parecchio più grande di quanto non registri il dato elettorale. Che sarebbe ora provassimo sul serio a far uscire di casa.
* Fonte: Luciana Castellina, IL MANIFESTO
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