Cambiamento climatico. Per salvare il pianeta bisogna ridurre il consumo di carne
Il 23% delle emissioni umane di gas a effetto serra derivano dalla deforestazione e dalle trasformazioni del suolo connesse all’agricoltura industriale e, quindi, alla nostra dieta. Questo spiega il report speciale dell’Ipcc. Gli esperti di clima dell’Onu hanno proposto una lettura del «clima visto dal (mio) piatto», una prospettiva molto concreta e fondato su dati preoccupanti: negli ultimi 60 anni il consumo di carne è più che raddoppiato, e il suolo è stato convertito a uso agricolo a un ritmo senza precedenti nella storia umana.
UN TRENO SENZA CONTROLLO, che porta a conseguenze negative per la salute: nel mondo ci sono circa 2 miliardi di adulti in sovrappeso o obesi, e a fronte di questi ci sono ben 821 milioni di persone denutrite. Questi dati evidenziano – spiegano i curatori del report – la necessità di riformare l’attuale sistema alimentare. Per Hans-Otto Pörtner, co-coordinatore del secondo gruppo di lavoro dell’Ipcc, «il suolo già utilizzato può nutrire il pianeta in un contesto di cambiamento climatico, e garantire biomasse per la produzione di energie rinnovabili, ma perché questo sia possibile devono essere avviate azioni e cambiamenti immediati».
Al centro dell’attenzione del documento di analisi c’è così il tema del cibo che mangiamo: «Diete bilanciate, con alimenti a base di vegetali e di fonte animale prodotti con sistemi sostenibili e a basse emissioni, presentano grandi opportunità per l’adattamento e la mitigazione, e generano significativi benefici accessori in termini di salute umana» spiega l’Ipcc. Entro il 2050, cambi nella dieta potrebbero liberare diversi milioni di chilometri quadrati di territorio e fornire un potenziale tecnico di mitigazione da 0,7 a 8 miliardi di tonnellate equivalenti di CO2 all’anno.
L’IPCC NON CHIEDE a tutti gli Occidentali di diventare vegani o vegetariani, ma fa intendere che una dieta povera di carne è una scelta necessarie per salvare il suolo e le foreste.
Le proteine sono necessarie, ma è meglio procurarsele mangiando legumi, rinunciando alla carne rossa. Accanto a questo elemento, un altro è fondamentale: secondo l’analisi, oggi il 25-30% della produzione alimentare viene persa o finisce nella spazzatura. Se si eliminasse questo spreco, si taglierebbero anche i gas serra: perdita e spreco di cibo contribuiscono per un 8-10% alle emissioni climalteranti dell’uomo.
LA SICUREZZA ALIMENTARE dell’umanità dipende quindi da una dieta con meno carne e latticini. Questo il punto centrale del rapporto: il riscaldamento globale ipoteca la sicurezza alimentare di tutto il Pianeta. Perché, come evidenzia il lunghissimo titolo del report, tutto si tiene: «cambiamento climatico, desertificazione, degrado dei terreni, gestione sostenibile dei suoli, sicurezza alimentare e flusso dei gas ad effetto serra degli ecosistemi terrestri».
Il documento di 1200 pagine – l’analisi scientifica più dettagliata mai realizzata su questi temi – porterà la denuncia delle contraddizioni dell’attuale sistema alimentare mondiale a Santiago del Cile, dove a dicembre è in programma la conferenza annuale sul clima, COP25. Il rischio prossimo è un circolo vizioso senza fine, come spiega un comunicato dell’Ipcc: «Quando il suolo è degradato, diventa meno produttivo, e questo riduce la sua capacità di assorbire la CO2. Questo peggiore gli effetti del cambiamento climatico, che a sua volta rafforza i processi di degradazione della qualità del suolo».
* Fonte: Luca Martinelli, IL MANIFESTO
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