Un mondo alla rovescia. Di COP in COP, ma che caldo che fa

Un mondo alla rovescia. Di COP in COP, ma che caldo che fa

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Dal 16° RAPPORTO SUI DIRITTI GLOBALI – Un mondo alla rovescia

4° Capitolo: AMBIENTE E BENI COMUNI

Il Focus – LA SINTESI

La COP23 (Conference of the Parties) di Bonn del novembre 2017 è stato un momento di passaggio tra l’Accordo di Parigi nel 2015 sul clima e la conferenza in programma a Katowice in Polonia per il dicembre 2018, che servirà a fare il punto sulle cose fatte e quelle da fare nell’ambito degli impegni per il 2020. A Bonn la dichiarazione finale ha rilevato come il processo messo in piedi a Parigi continui a funzionare, nonostante la dissociazione di Trump, non appena insediato. Inoltre, è da Bonn che è iniziata una seria e coordinata uscita dal carbone: in un’alleanza guidata da Canada, Regno Unito oltre che da 50 Paesi del mondo tra cui l’Italia, è stata firmata la totale uscita dall’utilizzo del carbone entro il 2025. Bisognerà dunque vedere come questo programma verrà affrontato a Katowice, capitale della Slesia, al centro del più ampio bacino carbonifero della Polonia, un Paese fortemente ancorato allo sfruttamento dei combustibili fossili. Il carbone per la Polonia è infatti un bene strategico perché l’indipendenza energetica del Paese dipende da esso, a fronte di un inquinamento sempre più diffuso. Anche per questo l’agenda COP24 sarà molto delicata.

Il ruolo della società civile e dei territori. La società civile a Bonn ha metaforicamente battuto un pugno sul tavolo, dando corpo allo spirito di Parigi, che parlava di un impegno diffuso, partecipato, quasi molecolare alla sfida del secolo. La partecipazione delle Città e delle Regioni ha sottolineato come sia impossibile parlare di cambiamento climatico senza coinvolgere i territori. I “Cities and Regions Talanoa Dialogues” riprendono la falsariga del dialogo di Talanoa, una metodologia di partecipazione e discussione già varata alla COP22 di Marrakech nel 2016, mutuata dalla tradizione delle comunità delle Isole Fiji. Il processo di confronto ha come obiettivo quello di creare sinergie e collaborazioni a livello sub statale, mettendo in rete, e su progetti comuni, risorse e intelligenze che provengono da diverse città, province e regioni del mondo.

Il fondo per il clima. 43 governi si sono impegnati, già alla fine del 2015, nel finanziare il Green Climate Fund con 10,3 miliardi di dollari, con il risultato di sostenere 54 progetti per un totale di 2,6 miliardi di dollari all’ottobre 2017. Tutto ciò nonostante gli Stati Uniti abbiano deciso di uscire dall’Accordo di Parigi e di non mantenere l’impegno di versare i rimanenti due miliardi di dollari dei tre promessi, diminuendo le disponibilità del fondo stesso. Parlare di lotta al cambiamento climatico significa indirizzare risorse per contrastare un fenomeno che, già oggi, mostra il conto, persino negli Stati Uniti così recalcitranti. In Nord America gli eventi estremi, oltre a seminare vittime e distruzione, hanno alzato l’asticella dei costi: oltre 240 miliardi di dollari all’anno durante gli ultimi dieci anni, una cifra che nel 2017 si è tragicamente alzata a circa 300 miliardi, includendo i tre grandi uragani che hanno colpito il Paese e gli oltre 76 incendi che hanno carbonizzato migliaia di ettari in nove diversi Stati occidentali. Anche in Italia, i cambiamenti climatici producono costi sensibili, nell’ordine di miliardi l’anno. Secondo il Centro euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, in Italia il cambiamento climatico è responsabile della perdita del 10% di PIL ogni anno.

L’America che non ci sta. C’è una parte degli Stati Uniti che ha scelto di ribadire «We Are Still In» (Noi ci siamo ancora) e di rimanere nell’Accordo di Parigi nonostante l’Amministrazione Trump abbia deciso di uscirne: 2.851 tra amministratori delegati di grandi imprese, di gruppi religiosi, associazioni culturali, università, tribù di nativi e leader politici da 50 Stati americani, in rappresentanza di quasi 174 milioni di persone e di un PIL da 6.450 miliardi di dollari in totale. Una vera e propria “America ombra”, che ha deciso di non tacere e di tirarsi su le maniche per lottare contro il riscaldamento climatico.

 

 

 

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Foto di Goran Horvat da Pixabay



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