Rahul Gandhi si dimette da capo dell’Indian National Congress

by Matteo Miavaldi * | 4 Luglio 2019 12:53

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Ieri pomeriggio, ora indiana, il presidente dell’Indian National Congress (Inc) Rahul Gandhi ha definitivamente confermato le proprie dimissioni da capo del partito. Postando su Twitter la lettera di dimissioni consegnata ai vertici del Partito, ha ufficializzato quanto era nell’aria da tempo, aprendo una fase sicuramente delicata ma potenzialmente decisiva per il principale partito d’opposizione in India.

All’indomani della pesante sconfitta alle ultime elezioni nazionali, che hanno riconfermato alla guida del Paese il primo ministro Narendra Modi, Gandhi aveva immediatamente fatto filtrare a mezzo stampa la decisione di prendersi la responsabilità politica del fallimento elettorale e dimettersi.

Ipotesi che il resto dei vertici del partito ha tentato di scongiurare in ogni modo: prima respingendo le dimissioni formali di Rahul, poi cercando di convincerlo a rimanere, di fatto lasciando la principale forza d’opposizione indiana in mezzo al guado.

Rahul è l’erede della dinastia politica più potente del subcontinente indiano. La famiglia Nehru-Gandhi, da decenni, in India è sinonimo di Indian National Congress e di potere. Jawaharlal Nehru (bisnonno di Rahul), Indira Gandhi (nonna) e Rajiv Gandhi (padre), hanno tutti ricoperto sia la carica di primo ministro che quella di presidente dell’Inc, che Rahul ha ereditato dalla madre Sonia Gandhi meno di due anni fa.

Si dice controvoglia, costretto a dare continuità a un sistema familistico di gestione del potere che dal fulcro della famiglia Gandhi si estende a raggiera in tutta l’India, intrecciato ad altre dinastie storicamente vicine ai Gandhi.

Ora, pur ribadendo la propria disponibilità a restare al servizio del partito e continuare a combattere l’idea di India espressa a Modi e dall’ultrainduismo extraparlamentare della Rashtriya Swayamsevak Sangh, Gandhi con le sue dimissioni ha aperto di fatto la possibilità di un rinnovamento radicale nell’organigramma dell’Inc, lasciando spazio a nuovi protagonismi slegati dal tradizionale criterio familistico con cui il partito ha costantemente selezionato la propria classe dirigente.

La nuova nomina, ha spiegato Gandhi, sarà affidata a un gruppo di colleghi di partito «fidati», che in queste ore starebbero già valutando alcuni candidati. Mentre scriviamo rimane però il riserbo assoluto sulla rosa di nomi da cui sarà pescato il nuovo – o la nuova? – presidente dell’Inc.

Nel frattempo, le dichiarazioni di stima nei confronti del dimissionario Gandhi hanno intasato le agenzie di stampa indiane. Sachin Pilot, vice chief minister dello Stato del Rajasthan, ha di nuovo invitato Gandhi a ritirare le dimissioni; Salman Khurshid, ex ministro degli esteri sotto l’amministrazione Singh, ha dichiarato che presidente o no, Rahul «rimarrà sempre il nostro leader».

Più netto Shashi Tahroor, parlamentare keralese e volto noto dell’ala più progressista dell’Inc: «Il momento del rinnovamento è ora», ha dichiarato, auspicando che i leader dell’Inc tornino a «dedicarsi ai principi del partito e della costituzione indiana».

* Fonte: Matteo Miavaldi, IL MANIFESTO[1]

photo: Sidheeq [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)]

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