Come giudica la campagna elettorale delle Europee e delle elezioni politiche greche?Credo sia stata impari e strana. L’apice del confronto è stato toccato con le elezioni europee, con un risultato che, in parte, non ha rappresentato la vera posizione della società greca. Sino a venerdì, Syriza ha cercato di ribaltare l’immagine vittoriosa che ha creato Nuova democrazia, mentre dal centrodestra mantengono i toni molto bassi. Cercano di non scoprire le carte, ma di ottenere la vittoria grazie al risultato delle Europee. È stata una campagna davvero strana…
In che senso il centrodestra non scopre le carte?
A tutti i livelli, direi. Dal piano economico a delle mezze dichiarazioni sul sistema previdenziale, le pensioni e i licenziamenti nel settore pubblico. Ma anche per quel che riguarda le intenzioni di Nuova Democrazia sull’accordo di Prèspes, con la Macedonia del Nord, che ha posto fine a una disputa durata più di trent’anni. Sentiamo degli slogan, del tipo «non licenzieremo, la tasse caleranno e aumenterà lo sviluppo». Ma senza che la destra dia un’ immagine complessiva della società e degli interventi che seguiranno.
Perché Syriza ha perso le europee in modo così eclatante?
Dopo tre anni di permanenza forzata nei memorandum di austerità, il paese ne è uscito, ma il governo non ha avuto il tempo necessario per applicare quella che era la sua vera politica, con delle misure sociali molto importanti. Il tempo è stato pochissimo, da dicembre scorso sino a maggio. C’è stata, poi, una guerra senza quartiere da parte di molti media, con giornali e canali televisivi che hanno ripetuto senza sosta «deve andare via, è tutta colpa del governo». Posso dire che l’aver avuto così poco tempo per far vedere cosa voleva davvero fare la sinistra, è stata un’ingiustizia.
Ci sono state anche responsabilità della sinistra greca? Cosa ha scritto il suo giornale?
Noi siamo un giornale che rappresenta la più vasta area di sinistra, non strettamente di partito. Posso dire che uno sbaglio, una mancanza di Syriza è stata, dopo le elezioni di maggio, non aver fatto un’autocritica complessiva. Penso che avverrà nei prossimi mesi. Poi non possiamo non sottolineare che c’è stata un’alleanza di governo strana. Syriza ha governato con il partito conservatore di Anel, che era per molti versi una forza nazionalista. Il punto in comune era l’impegno per l’uscita dai memorandum, ma questa collaborazione ha prodotto anche molta zavorra politica. Syriza non ha potuto mettere in pratica tutto il suo programma, ha dovuto porre dei limiti al suo profilo progressista. E questo è durato sino alla fine dell’alleanza, la scorsa primavera. C’ è poi un altro errore: il governo ha sottovalutato gli attacchi oltre che di moltissimi media, anche dei piccoli partiti di sinistra e di quelli di destra. Siamo arrivati fino quasi a rasentare il ridicolo, con il centrodestra che ha accusato Syriza e Tsipras di aver perso le caratteristiche proprie della sinistra. Come ultimo punto di questa veloce analisi, vorrei sottolineare il fatto che molti esponenti di Syriza – una volta andati al governo o in posti pubblici importanti – si siano dimenticati del partito, che ha tardato a rivitalizzarsi. Mentre bisognava difendere un’esperienza unica in Europa, di un partito di sinistra al potere per quasi cinque anni.
Pensa che Alexis Tsipras stia pagando anche il compromesso obbligato con i creditori, nell’estate di quattro anni fa?
È stata sicuramente una cosa molto strana. Il governo ha firmato l’accordo del luglio 2015, ma sapeva che era un accordo doloroso, nel quale non credeva. Ha cercato, quindi, di liberarsene al più presto possibile. Ma per quanto riguarda la delusione, credo che Tsipras sia riuscito a controllarla, dal momento che ha vinto anche le elezioni dell’autunno 2015 e che i ministri e i deputati che lo hanno abbandonato, sono quasi tutti politicamente spariti. Non mi sembra ci siano state conseguenze pesanti nell’ambito dell’elettorato di sinistra. Credo che la delusione sia stata invece palpabile tra gli elettori della più ampia area progressista e democratica, che a un certo punto hanno pensato che Tsipras avrebbe risolto tutti i problemi degli ultimi cinquant’anni, come per magia. E questo, ovviamente, non è potuto succedere.
Come giudica il percorso politico e il nuovo partito di Janis Varoufakis?
Dirò la mia opinione personale. Si tratta indubbiamente di un politico con uno stile nuovo. Alcuni non lo amano, altri gli riconoscono delle capacità. Io credo che nel corso degli ultimi mesi abbia stabilito un contatto reale, solo con una parte dei problemi della Grecia: ha insistito a parlare di debito, dei memorandum, ma non mi sembra ci sia una proposta complessiva. Cosa che viene confermata anche dal fatto che i suoi candidati provengano dalle più disparate aree politiche…
Tsipras resterà comunque il leader di Syriza?
Ne sono convinto. È un politico carismatico, a livello europeo. Basti vedere che la sua presenza al telegiornale della rete privata Skai (molto critica col governo, ndr) ha fatto segnare un record di ascolti. Penso sia un leader, nel pieno significato di questo termine. Rimarrà a capo del partito. È giovane e si distingue rispetto ad altri esponenti di spicco pur capaci, come Efklìdis Tsakalòtos e Jànnis Dragasàkis.
* Fonte: Teodoro Andreadis Synghellakis, Fabio Veronica Forcella, IL MANIFESTO[1]