David Sassoli presidente dell’europarlamento, rivincita Pd sui gialloverdi

David Sassoli presidente dell’europarlamento, rivincita Pd sui gialloverdi

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A Montecitorio la notizia arriva alle 13. La dà il deputato Emanuele Fiano che non trattiene l’entusiasmo e fa l’annuncio persino prima che sia ufficiale a Bruxelles. Dagli scranni del Pd esplode l’applauso verso David Sassoli, eletto a sorpresa presidente del parlamento europeo. Per i dem è sospiro di sollievo: in quel momento in aula il deputati sono alle prese con uno spinoso cambio di linea sulla Libia. L’elezione dell’ex giornalista Rai è una rivincita insperata per il Pd, dopo la faticosa performance delle elezioni europee. Arriva mentre il governo gialloverde certifica il suo isolamento e la sua irrilevanza nella scelta dei top job dell’Unione. Il segretario Nicola Zingaretti esulta via twitter: «Con questo governo Italia marginale in Europa. L’unica buona notizia che evita il totale isolamento è l’elezione di David Sassoli a presidente del parlamento europeo. Il Pd c’è ed è al servizio dell’Italia».

SASSOLI, CHE PRENDE il posto del collega forzista italiano Antonio Tajani, viene eletto alla seconda votazione con 345 voti. Batte la verde tedesca Ska Keller, l’izquierdista spagnola Sira Rego e il ceco conservator-riformista Ian Zahradil. Ma se non fosse passato, i dem assicurano che per il terzo scrutinio c’era già l’accordo con il gruppo della sinistra radicale del Gue. In mezzo al coro degli entusiasti del Pd e quello dei complimenti bipartisan per il neopresidente, c’è la stecca del vicepremier Matteo Salvini. Che per l’occasione dimentica la bandiera dell’orgoglio nazionale – è comunque un italiano a guidare il parlamento europeo – e attacca: «Bello, rispettoso del voto degli italiani e degli europei avere un uomo di sinistra a presiedere il parlamento europeo, magari coi voti di qualcuno di centrodestra». È vero che Sassoli è un teorico del «cordone sanitario contro i nazionalisti» e lo conferma con il suo discorso di insediamento, europeista e antisovranista: «Siamo figli e nipoti di coloro che sono riusciti a trovare l’antidoto a quella degenerazione nazionalista che ha avvelenato la nostra storia. Se siamo europei è anche perché siamo innamorati dei nostri Paesi. Ma il nazionalismo che diventa ideologia e idolatria produce virus che stimolano istinti di superiorità e producono conflitti distruttivi», dice. Poi, nel pomeriggio, dalle parole passa ai fatti. E così il gruppo Id, di cui fa parte la Lega, lascia l’aula in dissenso sulla elezione dei vicepresidenti. Non hanno portato a casa nulla: «Sassoli dopo aver professato democrazia, ha scelto di ostracizzare i partiti che hanno un’idea diversa», dichiarano, «ha creato un cordone sanitario contro di noi e dimostrato come non sia il presidente di tutti, è una dittatura dalla maggioranza».

Nella parte sinistra dell’emiciclo invece fa più colpo un altro ragionamento, quello che – facendo gli auguri a Sassoli – Massimiliano Smeriglio chiama «garanzia dell’autonomia dell’assemblea». La vittoria del dem italiano è anche il segno di un cambio di passo nel gruppo dei Socialisti e democratici. La tedesca Spd vede ridimensionato il suo ruolo. Dopo l’elezione della capogruppo Psoe Iratxe García, si comincia a intravedere, sotto la regia del presidente Sanchez, un asse italo-spagnolo, meno incline alla continuità, almeno sulla carta.

* Fonte:Daniela Preziosi,  IL MANIFESTO



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