by Roberto Ciccarelli * | 9 Luglio 2019 18:24
Le regioni potranno assumere i docenti e decidere orari, piani di studio, contratti di lavoro, mobilità. I Cinque Stelle ai leghisti: “C’è il rischio di creare scuole di serie A, B e persino C”
La regionalizzazione della scuola è il centro dello scontro tra Lega e Cinque Stelle sull’autonomia differenziata. L’articolo 12 del testo prevede in sostanza l’assunzione diretta dei docenti attraverso concorsi regionali. In pratica, una dichiarazione di guerra al sistema della contrattazione nazionale, la cancellazione dello status giuridico omogeneo dei docenti e la frammentazione del reclutamento uniforme che caratterizza la scuola in Italia. Su questa base ieri al vertice a palazzo Chigi non è stata raggiunta l’intesa tra i legastellati.
I CINQUE STELLE vedono in questa norma il rischio di istituire «scuole di serie A, B e persino C». Nel corso dell’incontro il sottosegretario all’Istruzione Salvatore Giuliano ha citato una sentenza della Corte Costituzione del 2013, redatta dall’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha definito «incostituzionale» una richiesta simile già avanzata in passato dalla Lombardia. A questo progetto se ne aggancia un altro ancora previsto dall’articolo 11 del testo curato dalla ministra Erika Stefani. Il progetto leghista mira ad acquisire anche le competenze su quasi tutte le materie della politica scolastica: , piano di studio, valutazioni di sistema, alternanza scuola-lavoro, formazione degli insegnanti, contenuto dei programmi, norme sulla parità scolastica, organizzazione su offerta formativa.
IL NUOVO SISTEMA dell’istruzione è stato descritto dal ministro leghista dell’Istruzione Marco Bussetti in un’intervista al Corriere del Veneto domenica scorsa. Il modello si ispira a quello della Valle d’Aosta e del Trentino, dove risorse, orario, piano di studio, contratti di lavoro, mobilità, aggiornamento del personale docente e personale Ata, reclutamento dei dirigenti scolastici, sono «regionalizzati». Alle altre regioni saranno trasferiti gli stanziamenti statali relativi al finanziamento delle funzioni e competenze previste dall’articolo 116, comma tre, della Costituzione. Una riforma molto discussa che ora rischia di creare una scuola regionale a statuto speciale. A questo esito vorrebbe sottrarsi il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini (Pd), fautore di un’autonomia che ieri ha ribadito di non avere posto il problema delle assunzioni e della contrattualizzazione degli insegnanti. La sua proposta è «molto diversa» da quella di Veneto e Lombardia e, sul capitolo scuola, mira a «rafforzare» il rapporto tra la sua regione con il Miur sulla «programmazione degli organici e dell’edilizia scolastica».
I SINDACATI confederali della scuola sono stati presi in contropiede dalla sortita di Bussetti. Hanno rinunciato a uno sciopero generale, anche contro il progetto della regionalizzazione dell’istruzione, e hanno firmato l’intesa del 24 aprile con Bussetti e il premier Conte a Palazzo Chigi che presupponeva un freno alla carica leghista sull’autonomia. In attesa di un accordo tra i pentaleghisti che tarda ad arrivare su uno dei punti più caldi della «secessione dei ricchi», ieri al governo sono arrivati i primi segnali di nervosismo: «Bussetti mostra due volti: uno quando parla ai giornali, l’altro quando parla con i sindacati» sostiene Francesco Sinopoli (Flc Cgil) che annuncia una mobilitazione contro lo «scempio» della costituzione e fino a quando lo «sciagurato disegno» non sarà messo in un cassetto. «Se portato a termine – sostiene la Cgil nazionale – questo percorso modificherà radicalmente l’assetto istituzionale. La risposta a problematiche comuni a tutto il paese non può essere l’attribuzione di maggiore autonomia ad alcuni territori, lasciandone indietro altri».
«D’ESTATE, a scuole chiuse, per scelte di sola convenienza politica si fanno annunci che mirano a scomporre pezzo per pezzo la scuola – sostiene Pino Turi (Uil Scuola) secondo il quale sulla questione regionalizzazione «non c’è il minimo margine, nessuno scambio è possibile. La nostra è una contrarietà netta e già definita». Contro la scuola puzzle si schiera anche Maddalena Gissi (Cisl Scuola) che chiede al governo di non «rimangiarsi le intese». Marcello Pacifico (Anief) chiede le dimissioni di Bussetti, annuncia una raccolta firme per un «referendum abrogativo» e metterà a disposizione i suoi legali per impugnare le norme e farle dichiarare incostituzionali. L’Anief ricorda inoltre che il progetto di una scuola unitaria e divisibile tra le regioni ricche e povere non era contenuto nel «contratto di governo», segno che i Cinque Stelle, in difficoltà per questa nuova avanzata dei salviniani, rischiano di vedersi imporre una misura – in queste, o altre, forme – e andare a Canossa.
* Fonte: Roberto Ciccarelli, IL MANIFESTO[1]
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