SI TRATTA DI 430 LAVORATORI che producono lavatrici nell’area orientale della città, 1.500 con zona sarà completamente deindustrializzata.Resteranno solo i depositi di carburante e i clan di camorra che si fanno la guerra. «La prima della famiglia a entrare in fabbrica è stata mia nonna – spiega il delegato Fiom, Giovanni Fusco – poi mio padre e adesso io. Ha aperto negli anni Sessanta, allora era Ignis, poi è diventata Ire, Philips, quindi sono arrivati gli statunitensi, che vogliono mettere fine alla nostra storia». Whirlpool intende procedere alla cessione del ramo d’azienda a una società terza «in grado di garantire la continuità industriale allo stabilimento di Napoli», rimangiandosi così il Piano industriale Italia 2019-2021 sottoscritto con il ministero appena sette mesi fa. Mentre i siti produttivi da nord a sud bloccavano ieri le linee in segno di protesta, l’azienda diramava un comunicato in cui ribadiva «la strategicità dell’Italia» confermando gli investimenti per 250 milioni (80 milioni già impegnati) nel triennio nonché i piani per Cassinetta, in provincia di Varese, dove si fanno i prodotti da incasso per freddo e cottura, Melano in provincia di Ancona (piani cottura ad alta gamma), Siena (congelatori orizzontali), Comunanza in provincia di Ascoli Piceno (lavatrici e lavasciuga che rientrerebbero dalla Polonia).
COME NEL 2015, quando Whirlpool stava procedendo all’acquisizione dell’Indesit dalla famiglia Merloni, i lavoratori hanno incrociato le braccia. In 500 si sono riversati ai cancelli del sito di Napoli. Martedì ci sarà un nuovo round al Mise, almeno mille operai arriveranno a Roma. Fim, Uilm, Fiom e Uglm in una nota hanno spiegato: «Diamo per scontato che il governo chieda all’azienda di rispettare l’accordo del 2018, non solo per elementari esigenze di tutela dei lavoratori, ma anche perché di quell’accordo fu sottoscrittore lo stesso ministro, Luigi Di Maio. Qualsiasi ipotesi di modifica del piano e di chiusura di stabilimenti è inaccettabile». E la segretaria generale Fiom-Cgil, Francesca Re David: «Noi non ci stiamo ai licenziamenti per delocalizzazione dal momento che, tra l’altro, l’azienda usufruisce degli ammortizzatori sociali per la riorganizzazione dopo l’acquisizione di Indesit. Ora basta».
NEL POMERIGGIO IL MINISTRO Luigi Di Maio ha preso posizione: «Stracciando l’accordo i nuovi vertici di Whirlpool hanno mancato di rispetto ai lavoratori, ancor prima che al governo. Pretendo che venga fatta chiarezza, sono pronto a rimettere in discussione l’intero piano industriale e a verificare l’utilizzo che è stato fatto degli ammortizzatori sociali fino ad oggi». In serata si è sparsa la voce dell’arrivo di Salvini dagli operai dello stabilimento dopo un comizio a Casoria.
FINO AGLI ANNI OTTANTA tra Napoli e Caserta erano in circa 8mila a lavorare nel settore elettrodomestici, più l’indotto. Si facevano televisori, radio, piani cottura, frigoriferi e lavatrici. Poi i marchi storici italiani non hanno tenuto e sono cominciate le vendite. La Whirlpool è sbarcata prima a Napoli, grazie ai finanziamenti Ue, e poi a Caserta, attraverso l’acquisizione dell’Indesit. La famiglia Merloni preparò la vendita chiudendo lo stabilimento di Teverola, lasciando solo Carinaro: «Indesit andava forte in Russia, nell’est Europa, in Inghilterra e Nord Africa. La Whirlpool l’ha acquistata per togliere di mezzo un concorrente e utilizzare il marchio per penetrare in quei mercati» spiega il segretario generale Fiom Cgil Campania, Massimiliano Guglielmi.
Nel 2014 a Napoli c’erano 600 operai, dopo gli accordi e gli incentivi all’uscita sono diventati 430. Il sito arrivava a produrre in un anno oltre un milione di lavatrici, i modelli promessi non sono mai arrivati e la produzione si è fermata a 320mila. Nel piano disatteso si prevedeva di concentrare a Napoli i modelli alta gamma Hotpoint, Indesit, Ariston e Whirlpool. Prenderanno invece la via della Polonia. Si promette una reindustrializzazione a cui nessuno crede visto quanto successo a Caserta.
DEGLI 800 OPERAI CASERTANI, oltre 300 sono andati in pensione, appena 200 sono rimasti nel perimetro Whirlpool. In 15, in 5 anni, sono stati assorbiti da una nuova azienda (che ne prenderà altri 60), per un centinaio si promette un altro progetto di reindustrializzazione e gli ultimi cento dovevano andare a Napoli. Nel piano di ottobre c’erano investimenti per circa 17 milioni e la promessa di nuovi modelli, adesso Napoli sparisce e anche Caserta rischia di fare la stessa fine.
* Fonte: Adriana Pollice, IL MANIFESTO[1]