Esame di maturità tutto al maschile. Daniela Brogi: «La storia non è fatta solo dagli uomini»

Esame di maturità tutto al maschile. Daniela Brogi: «La storia non è fatta solo dagli uomini»

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Lo storico dell’arte è stato attaccato da Salvini per le sue posizioni su Zeffirelli e Fallaci. La replica: «Vuole replicare il giuramento di fedeltà dei professori al regime?»

Non è stata una maturità «sovranista», come ha precisato il ministro dell’istruzione Marco Bussetti (Lega), ma è stata una prima prova scritta di italiano tutta maschile. Dalla rosa delle tracce scelte ieri è stato estratto un brano da «Il giorno della Civetta» di Leonardo Sciascia dove il capitano Bellodi indaga sull’omicidio di Salvatore Colasberna, un piccolo imprenditore edile che non si era piegato alla protezione della mafia. È stata proposta una commemorazione del generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso nel 1982 dalla mafia, voluta all’ultimo proprio da Bussetti. Una scelta che ha commosso il figlio, Nando Dalla Chiesa.

È STATO PROPOSTO un tema sul salvataggio degli ebrei da parte del campione di ciclismo Gino Bartali durante la Seconda guerra mondiale. «Abbiamo dimostrato la massima apertura» ha aggiunto Bussetti, usando come fiore all’occhiello la scelta di un brano sul valore del patrimonio culturale e la democrazia tratto da un libro dello storico dell’arte Tomaso Montanari. La traccia più scelta dal 30% dei 520 mila maturandi è stato il testo sull’«L’illusione della conoscenza» scritta dello scienziato cognitivo e professore di marketing alla Leeds School of Business della Università del Colorado Philip Fernbach e di Steven Sloman, professore di scienze cognitive, linguistiche e psicologiche alla Brown University e direttore della rivista scientifica «Cognition». Sono stati inoltre proposti «Il porto sepolto» di Giuseppe Ungaretti, la poesia che ha dato il titolo alla raccolta del 1916 e alla sezione omonima dell’edizione definitiva de «L’Allegria» e la traccia dedicata all’eredità del Novecento di Corrado Stajano che riflette sui principali fatti storici del secolo che hanno inciso sulla vita sociale e culturale italiana. Temi inattesi alla vigilia quando erano quotate l’ecologia e la storia di Greta Thunberg, che delineano un mondo in bianco e nero (di qui il male, di là il bene); l’egemonia delle scienze cognitive e della loro epistemologia e un esibito riferimento alla storia, cancellata da Bussetti, molto criticato per questa scelta. Un «errore grossolano» ha ribadito il sindacato Anief.

A UNA MATURITÀ, politicizzata dal governo, si è aggiunta una violenta polemica dell’immancabile ministro tutto fare, il vicepremier leghista Salvini, contro Montanari. Allo storico dell’arte, già tra i protagonisti del tentativo di aggregare la sinistra al teatro Brancaccio, poi accreditato di un rifiuto a una proposta di entrare nel governo come ministro della cultura da parte dei Cinque Stelle, Salvini ha rinfacciato alcuni giudizi espressi su twitter su Franco Zeffirelli e Oriana Fallaci: «Si può dire che il #maestro Scespirelli era un insopportabile mediocre, al cinema inguardabile? – ha scritto Montanari – E che fanno senso gli alti lai della Firenzina, genuflessa in lutto o in orbace, ai piedi suoi e dell’orrenda Oriana? Dio l’abbia in gloria, con Portesante e quel che ne consegue. Amen». «Finché questo triste snob di sinistra insulta me, amen – ha detto Salvini – Ma quando arriva a infangare due grandi come Fallaci e Zeffirelli, siamo al delirio. Che lasci ogni incarico pubblico e chieda scusa all’Italia». Una polemica che si è intrecciata, ed è stata il controcanto leghista, all’esercizio di liberalità fatto da Bussetti sulla scelta del brano di Montanari per la prova di italiano. Tutto questo, con la maturità, non ha nulla a che vedere.

«TROVO INDEGNO l’attacco a un professore universitario: Salvini vuole replicare il giuramento di fedeltà dei professori al regime? – ha replicato Montanari – Noto che tutti costoro chiedono a gran voce le mie dimissioni da organismi scientifici di nomina universitaria o ministeriale. Mi spiace deluderli, ma gli articoli 21 e 33 della Costituzione consentono di dire quello che si pensa, e di dare i giudizi artistici e morali che si ritengono opportuni» ed ha aggiunto che «non ci sono offese né insulti. Sarcasmo, certo. Tipicamente fiorentino anche quello. E più verso i devoti, suoi e della Fallaci, che non verso lo scomparso. E non senza un augurio di resurrezione celeste». Dalle 8.30 di stamattina si torna tra i banchi per la seconda prova scritta, diversa per indirizzo di studi.

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Daniela Brogi: «Alla maturità neanche una donna. È una rimozione: la storia non è fatta solo dagli uomini»

Intervista. Daniela Brogi, critica letteraria e cinematografica, docente all’università per stranieri di Siena, sulla scelta tutta al maschile per i temi di italiano all’esame 2019: “È l’effetto di una rimozione storica, ed è un atto molto grave anche rispetto alle professoresse e alla classe insegnante sempre così poco considerata in Italia”

«Deve esserci un errore: mi pare che tra le tracce degli esami di maturità di quest’anno non sia citata nemmeno un’autrice. Mi confondo, vero?».

Ungaretti, Sciascia, Montanari, Dalla Chiesa, Stajano, Bartali, Fernbach e Sloman. No, non si confonde.
È curioso, no? Nessuno parla di una selezione «tutta al maschile», come si farebbe nell’eventualità di una scelta composta unicamente da donne.

Daniela Brogi

Parliamone. Daniela Brogi, critica letteraria e cinematografica, docente all’università per stranieri di Siena, qual è secondo lei il significato di questa selezione tutta maschile?
È l’effetto di una rimozione storica, ed è un atto molto grave anche rispetto alle professoresse e alla classe insegnante sempre così poco considerata in Italia.

Sta dicendo che è un atto politico?
Anche, sì. Pensiamoci: che la scuola sia stata sempre così poco «curata» dipende anche dal fatto che l’hanno fatta anzitutto le «famigerate» professoresse, in un mondo che ha per lo più svilito la donna adulta e lavoratrice. In un contesto così patriarcale come è stata storicamente l’Italia, il fatto che a scuola lavorassero soprattutto le donne, perché l’insegnamento era il mestiere ritenuto capace di conciliarsi con le faccende di casa, ha sfavorito la scuola, in senso economico, culturale, politico. Perché i professori della scuola italiani guadagnano la metà di tanti loro colleghi europei? Lo stipendio è il vettore simbolico del prestigio. Si guadagna poco, in Italia, perché la professione scolastica è poco prestigiosa, così come, da sempre – purtroppo non possiamo ancora dire «un tempo»– il lavoro culturale delle donne è reputato meno rilevante.

Il ministro dell’Istruzione Bussetti ha detto che non lo potranno «accusare di non essere aperto e democratico» per la scelta degli autori e dei temi…
Non si tratta di ragionare sui singoli autori. Chi lavora con la cultura non può occuparsi solo di individui, ma di modelli da offrire a persone giovani che si formano e maturano identificandosi in forme simboliche e narrative del mondo. Quali sono questi modelli? Molte colleghe che insegnano a scuola mi hanno raccontato ieri che nelle commissioni erano tutte donne, dentro aule piene di studentesse. Tutte prof che hanno dovuto far scrivere di testi in cui, ancora una volta, il mondo era spiegato solo dagli uomini. Ma ci pare serio?

Mi perdoni, il suo è un ragionamento sulle «quote rosa»?
Oltre ad avere un problema di rappresentanza abbiamo un problema di mancanza di lessico, come rivela un’espressione ridicola come «quote rosa», adatta forse a un album infantile da colorare. Chiamiamole, come fanno all’estero, «pari opportunità». Usiamo nuove parole per pensare più democraticamente.

E se parlassimo anche di differenze?
Ha ragione. Il confronto con l’alterità è sempre una risorsa. Ieri ho fatto gli esami a studenti che di loro iniziativa, commentando il film di Kubrick «Orizzonti di gloria», riflettevano su quanto il modello unico di maschilità tutto schiacciato sulla virilità aggressiva e proto-fascista sia soffocante anche e innanzitutto per i maschi. Nessuna e nessuno può distogliere lo sguardo dal mancato riconoscimento delle differenze.

Perché?
Viviamo in un momento politico di silenziamento continuo di tutto ciò che è «altro». Queste rimozioni sono tanto più preoccupanti quando avvengono dentro la scuola. Cosa devono imparare le ragazze e i ragazzi se non si confrontano con un discorso autorevole proveniente anche da autrici? La questione del femminismo, intesa come attenzione al riconoscimento di uguali diritti e uguali spazi di rappresentanza, è una questione politica sostanziale che riguarda tutte e tutti. Aspettarsi che protestino solo le donne può essere una forma silenziosa di violenza.

Che tipo di violenza è?
Simbolica. Non riconosce spazio, voce e serietà ai soggetti, e nemmeno alla gioventù. Rischiamo di formare ragazzi incapaci di pensare e sostenere il confronto. I giovani sono belli, sono vivi, coraggiosi, pieni di risorse, e spesso non sono né razzisti né maschilisti. Questo semmai è il problema di tanti adulti.

* Fonte: Roberto Ciccarelli, IL MANIFESTO



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