Egitto. L’ex presidente Morsi muore in tribunale, timore di reazioni dei Fratelli musulmani

Egitto. L’ex presidente Morsi muore in tribunale, timore di reazioni dei Fratelli musulmani

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23 ore di isolamento e assenza di cure mediche nella famigerata prigione di Tora. 

L’ex presidente islamista Mohamed Morsi è morto ieri nel corso di un’udienza in tribunale. A darne la notizia, nel tardo pomeriggio, è stata la tv di Stato egiziana, secondo cui Morsi avrebbe accusato un malore dopo aver chiesto la parola e poi sarebbe morto praticamente sul colpo.

Il corpo sarebbe stato portato immediatamente in ospedale, per avviare le procedure di rito. Intanto il quotidiano israeliano Haaretz riferisce che a seguito della notizia l’esercito e il ministero dell’interno egiziano avrebbero dichiarato lo stato di allerta per il timore di proteste.

Morsi, 67 anni, era detenuto dal 3 luglio 2013, giorno in cui i militari guidati dal generale al-Sisi lo hanno deposto con la forza. Era sotto processo con l’accusa di spionaggio, ma scontava già diverse condanne (tra cui un ergastolo). Una precedente condanna a morte era stata annullata nel novembre 2016 dalla Cassazione.

Dal 2015 era detenuto nella famigerata sezione Scorpion del carcere di Tora, riservata ai prigionieri politici, «progettata in modo tale che chi entra non può uscirne, se non da morto», secondo la testimonianza di un ex secondino. Lì ha vissuto in isolamento per 23 ore al giorno, avendo contatti solo con le guardie, costretto a dormire sul pavimento, un trattamento assimilabile alla tortura secondo gli standard internazionali.

Da quando era entrato a Tora i familiari lo avevano potuto visitare solo due volte. Lui stesso in un’udienza del 2017 denunciava le sue gravi condizioni di salute, un diabete aggravato dall’assenza di cure, che gli aveva provocato la quasi totale perdita della vista a un occhio.

Un’inchiesta condotta da alcuni parlamentari britannici su iniziativa della famiglia era giunta un anno fa alla conclusione che «se Morsi non riceverà presto adeguate cure mediche, la conseguenza potrebbe essere la sua morte prematura».

In un articolo apparso sul Washington Post a marzo dello scorso anno il figlio Abdullah esprimeva il timore che la negligenza sanitaria fosse voluta, in modo da causarne il decesso «per cause naturali» il più rapidamente possibile.

Ingegnere metallurgico, con un dottorato negli Stati uniti, Mohamed Morsi torna in Egitto nel 1985 per insegnare all’università. Espressione dell’ala conservatrice della Fratellanza musulmana, dal 2000 al 2005 è membro del parlamento (all’epoca il movimento islamista è ancora considerato illegale ma viene in parte tollerato dal regime di Hosni Mubarak).

Nel 2012, nelle prime elezioni presidenziali post-rivoluzione, la Fratellanza decide di candidare Morsi dopo l’esclusione dell’uomo d’affari Khairat el-Shater (esponente dell’anima imprenditoriale del movimento). Al primo turno Morsi prende il 25% e poi per un pugno di voti vince al ballottaggio contro Ahmed Shafiq, esponente del vecchio regime, diventando il primo presidente democraticamente eletto nella storia del paese.

Il mandato di Morsi è caratterizzato da una forte conflittualità sociale e dall’incapacità del governo di affrontare i numerosi problemi sociali ed economici e di realizzare le aspettative della rivoluzione (complice anche l’ostracismo degli apparati del cosiddetto «Stato profondo»).

I Fratelli, abbandonate le piazze per cercare il compromesso con i militari, nel maldestro tentativo di occupare i gangli del potere statale finiscono per inimicarsi il movimento rivoluzionario e alienarsi gran parte del consenso popolare. In un anno riescono a polarizzare la vita politica egiziana riducendola allo scontro tra islamisti e laici. Il culmine lo raggiunge Morsi nel novembre 2012: in spregio alla costituzione si attribuisce poteri supremi. Il 30 giugno 2013, a un anno esatto dalla sua proclamazione, milioni di persone scendono in piazza per chiederne le dimissioni, aprendo la strada al colpo di stato militare e inaugurando l’epoca della «lotta al terrorismo» di al-Sisi, dal massacro di Rabaa alla repressione quotidiana.

C’è da aspettarsi una reazione dei Fratelli musulmani e dei movimenti vicini, ma è difficile dire se questo inaugurerà un nuovo ciclo di proteste popolari. Di sicuro la morte di Morsi (con Mubarak a piede libero) segna un altro drammatico momento nella traiettoria della rivoluzione egiziana.

* Fonte: Pino Dragoni, IL MANIFESTO

photo: Yuli Weeks for VOA [Public domain]



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