Colombia. Il processo di pace riparte da Jesús Santrich
Dopo l’ultima volta, in cui la sua libertà era durata appena due minuti, stavolta è vero
È tornato in libertà l’ex leader delle Farc Jesús Santrich, arrestato nell’aprile del 2018 con l’accusa di aver partecipato, dopo la firma dell’accordo di pace, a un’operazione diretta a introdurre negli Usa 10 tonnellate di cocaina. Già il 17 maggio Seuxis Hernández, il vero nome di Santrich, era stato scarcerato per ordine della Jep (la Giurisdizione speciale per la pace istituita per giudicare i responsabili di crimini commessi durante il conflitto armato), la quale, dopo un lungo braccio di ferro istituzionale, aveva infine respinto la richiesta di estradizione da parte degli Stati uniti.
Ma allora la sua libertà era durata appena 2 minuti: appena all’uscita dal carcere La Picota, agenti del Cti, il Corpo tecnico di investigazione della Procura generale colombiana, lo avevano di nuovo arrestato, sulla base di presunte nuove prove ai suoi danni.
A SBLOCCARE IL CASO, definito dai difensori del processo di pace una montatura giudiziaria finalizzata a minare l’accordo con le Farc, era stata, martedì, la sentenza con cui il Consiglio di stato ha ratificato l’investitura parlamentare di Santrich (che dovrà ora occupare uno dei dieci seggi garantiti al neonato partito Farc dall’accordo di pace). E poiché, in qualità di deputato, l’ex leader guerrigliero gode di un foro privilegiato presso la Corte suprema, è quest’ultima istanza che è diventata competente a giudicarlo, come pure a ordinarne, in attesa del processo, l’immediata scarcerazione.
«Sono io il più interessato al fatto che il processo abbia luogo, in maniera da dimostrare la mia innocenza», ha assicurato Santrich prima ancora di lasciare il carcere e di abbandonarsi all’abbraccio dei suoi compagni di partito.
Fortissimo è stato il sollievo all’interno della Fuerza alternativa revolucionaria del común, i cui membri avevano reagito duramente al nuovo arresto del leader non vedente, denunciando l’ennesima pugnalata da parte dello stato al processo di pace. Si era rifatto sentire anche il numero 2 delle Farc Iván Márquez, rientrato in clandestinità pur senza rinnegare l’accordo di pace, definendo in una lettera «un errore grave aver consegnato le armi a uno stato traditore confidando nella sua buona fede».
UN ATTO DI AUTOCRITICA che aveva rivelato una preoccupante spaccatura all’interno del partito, il cui leader, Rodrigo Londoño (Timochenko), aveva risposto a muso duro a Márquez, accusandolo di compromettere «l’autorità morale» della Farc e rinfacciandogli di aver rinunciato al suo seggio in parlamento nel momento in cui ce n’era più necessità: «Non possiamo rischiare di perdere quanto ottenuto fino a oggi, per quanto complesso sia il compito che ci sta di fronte».
E sembra pensarla così anche Santrich: «Il mio scopo – ha detto – è lottare, anche dal Congresso, per la pace in Colombia. Non mi preoccupa altro».
* Fonte: Claudia Fanti, IL MANIFESTO
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