Sono ormai 14 giorni – 14 giorni! – che la Sea Watch 3, naviga al largo di Lampedusa con 42 uomini, donne e bambini, alla ricerca di un porto d’attracco. Si tratta dell’ultima imbarcazione che, per conto delle Ong umanitarie opera nel Mediterraneo per salvare profughi che a bordo di piccoli battelli fuggono dall’inferno della Libia e cercano di non essere catturati dai guardiacoste libici.
La capitana Carola Rackete ha lanciato tutte le richieste di soccorso contemplate. Ha aspettato il risultato della sua richiesta presso la Corte Europea dei Diritti Umani, che ha scaricato la responsabilità sui singoli governi, i quali a loro volta si sono nascosti gli uni dietro agli altri. La situazione si è fatta insostenibile e il suo compito è diventato chiaro: decidere di entrare nelle acque italiane e raggiungere Lampedusa dove l’intera popolazione continua a dar prova di una ammirevole e costante ospitalità.
Sono le autorità italiane che si mettono fuori legge.
Nel gergo marittimo questo si chiama “forzare il blocco”. Ma intendiamoci, la legge internazionale, i principi fondamentali del diritto umanitario e la tradizione della gente di mare sono dalla parte di Carola. Sono le autorità italiane che si mettono fuori legge. Eppure il ministro Matteo Salvini, il vero detentore del potere in Italia oggi, minaccia: avendo fatto votare un decreto che proibisce l’attracco alle coste italiane, vuole portare in tribunale parlamentari e associazioni che salvano vite e recensiscono i dispersi, bloccare nei porti le imbarcazioni delle organizzazioni umanitarie (cosi come lo fa anche la Francia) e minaccia di respingere con la forza la Sea Watch3 o di confiscarla.
Scatena l’opinione pubblica del suo paese contro gli “illegali”… . Bisogna respingerlo unendo le nostre forze a quelle delle militanti e dei militanti che dietro l’associazione “Mediterranea” ed altre, e con i fedeli della chiesa di Lampedusa, con l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano ed altri, resistono alla barbarie ed all’abuso di potere del loro governo.
Ma il signor Salvini non è solo. E l’Italia fa parte di un insieme: sono gli altri paesi dell’Unione Europea e la Commissione i quali hanno i mezzi di farlo indietreggiare in nome del diritto delle persone e dei principi fondatori dell’Unione e di emettere sanzioni, cosi come fanno con altri soggetti. Essi hanno i mezzi per dividersi i modesti pesi dell’accoglienza dei rifugiati e per cambiare i regolamenti che vietano l’organizzazione dei soccorsi e per contrastare le voci assurde di invasione e di minaccia contro la sicurezza dei propri cittadini. Hanno i mezzi per ristabilire, immediatamente, le operazioni di salvataggio in mare con equipaggi di marinai e di volontari. Invece stiamo assistendo ad una ignobile corsa verso vigliaccherie, ipocrisie e rifiuti di assistenza che sono altrettanti crimini di cui la storia ci chiamerà a rispondere.
È adesso che bisogna invertire la distruzione del diritto e dell’umanità che ci riguarda tutti. Lanciamo un appello al governo italiano affinché cambi politica e lasci la Sea Watch3 arrivare a buon porto e che possa proseguire la sua missione in sicurezza. Lanciamo un appello solenne ai governi europei – tra cui il governo francese che si vanta di essere all’avanguardia della lotta contro il “nazionalismo” e il “populismo” – ad adoperarsi singolarmente e collettivamente perché si cessi di morire in massa in queste acque ormai color vino. Il mare Mediterraneo che torni ad essere la culla della nostra civiltà. Vergogna a loro e a noi tutti, se una volta in più l’umanità dovesse affondare davanti al nostro porto.
Tra i primi firmatari:
Michel Agier, anthropologue (France); Pouria Amirshahi, éditeur de presse (France); Etienne Balibar, philosophe (France). E tra gli italiani Giacomo Marramao filosofo, Sandro Mezzadra politologo, Antonio Negri filosofo, Barbara Spinelli ex deputata europea.
* Fonte: IL MANIFESTO