Riace. Il Viminale pretende 3 milioni di euro dall’ex sindaco Mimmo Lucano

by Silvio Messinetti * | 30 Maggio 2019 10:08

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«Non c’è niente di eroico nel vile infierire su chi è più debole» scriveva Dacia Maraini. Ma al Viminale più che eroi ci sono caterpillar, uomini in ruspa con cui abbattere il nemico. L’attacco concentrico di politica e magistratura lo ha già esiliato, umiliato, e il 26 maggio, anche, sconfitto elettoralmente (dopo un’operazione politica tanto efficace quanto spregiudicata, pronta a tutto, anche ad aumentare i residenti del 40% in un anno nel borgo, pur di strappargli Riace). Ora, non sazi, i solerti funzionari del ministero di Salvini battono pure cassa contro Mimmo Lucano. Il nuovo capo dipartimento dell’Immigrazione, Michele Di Bari, già prefetto a Reggio Calabria e responsabile numero uno della disastrosa gestione della baraccopoli di San Ferdinando ma promosso, guarda caso, da Salvini all’importante incarico, ha inoltrato al comune della Locride formale diffida a saldare il conto pregresso. Un conto salato di 3 milioni da versare entro 30 giorni. Se così non fosse «si procederà mediante trattenuta sui versamenti erariali». Si tratta di somme già incassate per i servizi resi dal 2011 al 2018. Ma che il Viminale rivuole indietro perché nel corso degli anni Riace non avrebbe sanato alcuni vizi di rendicontazione.

Secondo la procedura, in caso in caso di anomalie nei conti, l’amministrazione deve presentare controdeduzioni, pena tagli al budget successivo. Secondo il ministero ciò non sarebbe avvenuto, dunque l’ente deve versare il quantum. Questa diffida, tuttavia, stride con la recente sentenza del Tar di Reggio che aveva annullato la circolare del ministero che escluse Riace dallo Sprar. Ebbene, quel provvedimento era stato annullato proprio perché non era stato preceduto da una chiara segnalazione delle asserite anomalie e, inoltre, in quanto implicitamente smentito dai rinnovi triennali dei progetti.

La decisione del Tar, infatti, si fonda essenzialmente sulla circostanza che a Riace a dicembre sia stato autorizzato il finanziamento per il triennio 2017-2019, «in prosecuzione del triennio precedente senza avere comminato penalità». Peraltro, secondo il Tar, se sussiste il danno erariale questo l’avrebbe prodotto proprio il Viminale in quanto «il progetto avrebbe dovuto essere chiuso alla scadenza naturale. Averne autorizzato la prosecuzione, lasciando la gestione di ingenti risorse pubbliche in mano ad un’amministrazione, per quanto ricca di buoni propositi e di idee innovative, ma ritenuta priva delle risorse tecniche per gestirle in modo efficiente, appare fonte di danno erariale che dovrà essere segnalato alla Procura presso la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti della regione Calabria». La magistratura amministrativa aveva, dunque, già sottolineato in sentenza la non correttezza della procedura seguita dal Viminale. Che, tuttavia, ci riprova infierendo su Lucano e sugli assessori delle sue vecchie giunte. Che potrebbero esser chiamati a rispondere dinanzi alla Corte dei Conti di un danno erariale milionario.

* Fonte: Silvio Messinetti, IL MANIFESTO[1]

 

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