Rabbia in Argentina contro la polizia: «Basta grilletti facili di Stato»
BUENOS AIRES. Il dolore per la morte di quattro giovanissimi uccisi dalla polizia. La rabbia, tanta, e l’esasperazione. Si respirava questo, nella marcia convocata dal Comitato delle famiglie delle vittime del gatillo facil, il nome («grilletto facile») con cui in Argentina si indica la violenza istituzionale. Un corteo che ha visto sfilare migliaia di persone la sera di venerdì 24 maggio a Buenos Aires, da Congresso a Plaza de Mayo. «Basta grilletto facile / basta repressione / non è solo un poliziotto / è tutta l’istituzione», uno degli slogan più urlati.
L’OMICIDIO DEI QUATTRO RAGAZZI – tre erano minorenni – è avvenuto a San Miguel del Monte, paese a meno di cento chilometri dalla capitale. Secondo le prime ricostruzioni, i quattro si trovavano in auto la mattina di lunedì 20 maggio, quando la polizia ha iniziato un inseguimento immotivato, terminato con diversi colpi di pistola sparati dai poliziotti contro i giovani, che hanno perso il controllo del veicolo. Sono morti così Camila López (13 anni), Gastón Domínguez (14), Danilo Sansone (13) e Aníbal Suárez (22). Un’altra tredicenne, Rocío Guagliarello, è in ospedale in gravissime condizioni.
TREDICI POLIZIOTTI al momento sono stati sollevati dall’incarico. Quattro sono in arresto con l’accusa di omicidio aggravato. E mentre proseguono le indagini, si allarga la rosa delle persone che potrebbero essere coinvolte, anche nell’occultamento di prove. Da oggi è in stato di fermo il vicecommissario della polizia bonariense Franco Micucci.
In prima fila al corteo, un gruppo di madri, le organizzatrici della manifestazione. Tutte con indosso una maglia: «Lo Stato è responsabile» scritto sulla schiena, e un giovane volto stampato sul petto. Tutte hanno perso un figlio per mano della polizia. E tutte sono ancora in attesa di giustizia. Secondo il Coordinamento contro la repressione poliziesca e istituzionale (Correpi), sono 1303 le persone uccise dalla polizia negli ultimi tre anni di governo Cambiemos. Lo stato uccide una persona ogni 21 ore. La maggior parte delle vittime sono minorenni, provenienti da villas miserias, le favelas argentine, e periferie.
In particolare la ministra della Sicurezza Patricia Bullrich è stata indicata dai manifestanti come responsabile. Proprio il suo ministero nel dicembre 2018 ha reso operativa la risoluzione che amplia i casi in cui si permette alle forze dell’ordine di usare le armi. Per denunciare questo e le sue drammatiche conseguenze, sono più di 280 le famiglie che marciano ogni 27 di agosto, chiedendo giustizia.
SOLO POCHE ORE PRIMA della manifestazione di venerdì, Bullrich affermava che «il caso Chocobar è un esempio di come devono agire le forze dell’ordine»: si riferiva a Luis Chocobar, il poliziotto che nel febbraio 2018 sparò alle spalle, e uccise, un giovane coinvolto nell’aggressione a un turista. Un atto legittimato e difeso tanto dalla ministra della Sicurezza quando dallo stesso presidente Mauricio Macri, che ricevette il poliziotto presso la Casa Rosada, sede del potere esecutivo, congratulandosi per il suo operato. «Il caso di Luciano Arruga è una costruzione, come il caso di Santiago Maldonado», ha proseguito Bullrich.
«CHE CI VENGA A SPIEGARE perché l’autopsia di Luciano lo indica come un uomo bianco e adulto! Che mi spieghi perché ho trovato mio figlio 5 anni e 8 mesi dopo che l’hanno ucciso!», è stata la risposta dalla piazza di Raquel Alegre, madre di Luciano Arruga, ucciso dalla polizia nel 2009, a 16 anni, e il cui corpo venne seppellito in un cimitero come «NN».
Proprio a seguito della posizione assunta da Patricia Bullrich, diverse organizzazioni chiedono ora la rimozione della ministra. «Ciò che la ministra rivendica costituisce il peggior passo indietro della democrazia, dopo l’indulto concesso ai genocidi della dittatura», si legge nel comunicato diffuso dalle Madri di Plaza de Mayo insieme a tanti altri gruppi.
* Fonte: Serena Chiodo, IL MANIFESTO
photo: Nachotelleria [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)]
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