by Carlo Lania * | 26 Maggio 2019 9:41
L’alba della stagione anti migranti del governo giallo verde spunta il 10 giugno 2018 quando Matteo Salvini, da appena otto giorni ai vertici del ministero degli Interni, vieta l’approdo alla nave Aquarius della ong Sos Mediterranée. A bordo ci sono 629 migranti tratti in salvo in sei operazioni di soccorso compiute dalla stessa nave della ong francese oltre che da un mercantile e dalla Guardia costiera italiana. Anche se non è nuovo il fatto che una nave carica di migranti incontri problemi nel farsi assegnare un porto sicuro per lo sbarco (due casi si erano verificati in precedenza, a marzo dello stesso anno e nel 2014), è la prima volta che lo slogan «porti chiusi alle navi con i migranti» si trasforma nella pratica politica di un governo. Prima di allora solo l’Ungheria di Viktor Orbán aveva osato alzare muri sui confini per fermare i migranti che cercavano di raggiungere il Nord Europa.
Tra i disperati che sull’Aquarius sognano l’Italia – all’epoca un sogno ancora possibile – ci sono 123 minori non accompagnati, 11 bambini e 7 donne incinte che insieme a tutti gli altri e all’equipaggio della ong resteranno bloccati in mare per nove giorni prima di riuscire a sbarcare a Valencia, in Spagna, grazie all’apertura, per altro temporanea, voluta dal governo di Pedro Sanchez.
L’Aquarius è stata solo la prima vittima della guerra alle ong scatenata dal ministro leghista. In undici mesi di governo sono stati 18 i casi di navi che si sono viste negare l’approdo e costrette a rimanere in mare con il loro carico di naufraghi. Per lo più si è trattato di navi di ong (una decina quelle coinvolte, quasi tutte straniere), ma anche mercantili e perfino una nave della Guardia costiera italiana, la Diciotti, vicenda per la quale Salvini è stato accusato dal Tribunale dei ministri di Catania di sequestro di persona aggravato. Ma la politica dei porti chiusi è stata soprattutto l’avvio di una serie di provvedimenti che hanno avuto come obiettivo la criminalizzazione dell’immigrazione e prodotto l’isolamento dell’Italia in Europa, tanto che l’impossibilità di raggiungere un accordo comune sugli sbarchi porterà a marzo di quest’anno alla decisione di privare la missione europea Sophia, fin dal 2015 sotto il comando italiano, delle sue navi.
Dopo i porti chiusi, il passo successivo si chiama decreto sicurezza, fortemente voluto da Salvini e con il quale viene abrogata la protezione umanitaria e si amplia notevolmente la gamma di ipotesi di reato per le quali è possibile revocare o negare a un richiedente asilo la protezione internazionale (tra queste la violenza o minaccia a pubblico ufficiale e il furto aggravato). Ma si ridisegna anche il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo prevedendo che all’interno degli Sprar, il Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati- strutture gestite dai Comuni – possano essere accolti solo quanti si sono visti riconoscere lo status di rifugiato e i minori non accompagnati. Tra le altre misure previste anche il divieto per i possessori di un permesso di soggiorno per richiesta di asilo di iscriversi all’anagrafe dei Comuni (divieto non applicato da alcuni sindaci e recentemente bocciato da un sentenza del tribunale di Bologna).
E’ ancora un decreto l’ultimo atto dello scontro tra il titolare del Viminale e le organizzazioni umanitarie. Bloccato dagli alleati 5 Stelle, contrari a far incassare all’alleato leghista un successo alla vigilia delle elezioni europee, il decreto sicurezza bis potrebbe arrivare in consiglio dei ministri la prossima settimana. Tra le altre misure il nuovo testo prevede il sequestro e multe tra i 10 mila e i 50 mila euro per le navi che non rispettano il divieto di ingresso, transito e sosta nelle acque territoriali, attribuendo la decisioni sulle sanzioni al prefetto. Un organo che dipende dal ministero degli Interni.
* Fonte: Carlo Lania, IL MANIFESTO[1]
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