Genova. Poche scuse per il giornalista pestato dalla polizia

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Il giorno dopo la grande mobilitazione che ha assediato il comizio elettorale di Casapound, a Genova e nel resto del paese si tirano le somme dell’ennesima provocazione neofascista autorizzata dalle istituzioni. La procura ha aperto due fascicoli di indagine: uno contro i manifestanti e un altro contro gli agenti, per il pestaggio del cronista di Repubblica Stefano Origone. Intanto, i due antifascisti arrestati durante le proteste sono stati liberati con obbligo di firma fino al 19 luglio, quando inizierà il processo. Si tratta di un operaio portuale di 52 anni e di un giovane di 31. Le accuse iniziali di resistenza e lesioni in concorso sono state derubricate alla sola resistenza a pubblico ufficiale. La città, comunque, non ha digerito la scelta di concedere una piazza agli estremisti di destra. I video delle violenze della polizia hanno fatto il resto.

A GENOVA un comizio neofascista non era mai stato autorizzato. Nel 1960 i missini provarono a convocare il VI congresso nazionale ma imponenti manifestazioni e un’intera giornata di scontri, il 30 giugno, impedirono la riunione dei nostalgici del regime e contribuirono a far cadere il governo democristiano guidato da Fernando Tambroni. Questa volta l’incontro si è tenuto, ma il risultato è stato grottesco. «Negozi chiusi, residenti perquisiti, buste della spesa passate al setaccio, cassonetti rimossi, la zona rossa e un enorme dispiegamento di polizia sono serviti a proteggere 16 militanti di un partito neofascista che ha scelto di chiudere la campagna elettorale in una città medaglia d’oro alla resistenza solo per sfidarla», afferma Domenico Chionetti, della Comunità di San Benedetto al Porto, tra le realtà promotrici della mobilitazione antifascista.

INTORNO AL «COMIZIO» oltre 2mila persone hanno fatto sentire in modi diversi il rifiuto per quel corpo estraneo alla storia di Genova. «Le persone sono rimaste in piazza fino a quando i militanti di Casapound sono andati via, nascosti in alcune macchine – racconta Lucio, del centro sociale Aut Aut – A volte quando ci sono tensioni c’è chi critica e se ne va. Stavolta non si è mosso nessuno. Era una piazza molto bella perché composita e intergenerazionale. C’erano tanti giovani e poi bambini nel passeggino affianco ad anziani ultra settantenni. Questi ultimi hanno mantenuto il loro posto anche mentre venivano sparati i lacrimogeni».

LE VIOLENZE DELLA POLIZIA hanno sollevato un polverone. L’attenzione si è concentrata sul grave pestaggio di Origone, scaraventato a terra e colpito con calci e manganellate da diversi agenti. Ma non si è trattato di un caso isolato. Nello stesso video si vede una ragazza inseguita e colpita ripetutamente da un celerino. Un quindicenne ha riportato ferite alla testa e una giovane alla coscia, a causa di un lacrimogeno sparato in basso. I gas sono stati usati in maniera indiscriminata. «Da queste parti non si vedeva dal G8», ha detto un manifestante. Un candelotto si è scontrato sull’insegna dello storico Bar Mangini, in piazza Corvetto, situato sul lato opposto al presidio: avrebbe potuto colpire qualsiasi passante.

IL PROCURATORE CAPO Francesco Cozzi e il questore Vincenzo Ciarambino si sono scusati con il giornalista picchiato dalla polizia. «Se c’è qualcuno che sbaglia, paga» ha detto Cozzi riferendosi sia agli agenti che ai manifestanti. «Non bastano le dovute scuse da parte dei vertici delle forze dell’ordine, è necessario e urgente che sia messo l’identificativo sui caschi dei poliziotti» ha affermato Nicola Fratoianni, de La Sinistra. Anche Amnesty International, che da anni conduce una campagna sul tema, ha ribadito l’urgenza di «mettere fine all’assenza di codici identificativi per gli operatori delle forze di polizia in servizio di ordine pubblico».

COME AL SOLITO, il ministro dell’Interno Matteo Salvini se l’è presa con i centri sociali. «Ogni volta che sono in piazza succede il caos – ha detto il leader della Lega – studieremo qualcosa per evitarlo». Il sindaco del capoluogo ligure Marco Bucci, eletto con una coalizione di centro-destra, ha difeso la scelta di concedere l’autorizzazione a Casapound: «Probabilmente rivedremo le aree. Ma se c’è un partito legale, non gli si può negare di fare un comizio». Genova, evidentemente, non la pensa così.

* Fonte: Giansandro Merli, IL MANIFESTO



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