Europeisti e nazionalisti hanno spinto il motore del voto europeo contraddicendo la tradizione della bassa partecipazione e le percentuali dei votanti sono salite anche di 10 punti come a Parigi e Madrid.
In questa maggiore partecipazione al voto un ruolo di primo piano se lo sono guadagnato i verdi, che crescono ovunque (tranne che in Italia) e in Germania raddoppiano diventando il secondo partito.
Al contrario, per socialisti e popolari tedeschi continua il salasso con perdite di decine di seggi, pur con il livello di voto più alto dall’89. E l’avanzata del Psoe di Sanchez frena la discesa del fronte socialista.
Sull’altro fronte c’è il podio dei nazionalisti: Orbàn, Salvini, Le Pen. In Francia il fronte nazionale è il primo partito, come in Italia la Lega che, se i dati saranno confermati, sfonda oltre il 30%. Per Orbàn invece è un plebiscito, mentre l’Inghilterra premia Farage.
Le sinistre vanno male. Da Tsipras, penalizzato dagli anni di governo, alla Linke che accusa perdite sensibili, senza intercettare nulla dell’emorragia socialdemocratica, da Melanchon che si sgonfia alla Sinistra che manca l’obiettivo. Il gruppo del Gue si assottiglia, perde voti e seggi.
Nel momento in cui chiudiamo questa edizione, i risultati sono appesi alle «forchette», e essendo immersi in elezioni di rito proporzionale, due punti in più o in meno diventano importanti, per capire se la Lega non solo avanza ma effettivamente oltrepassa il 30%, e per stabilire chi afferra la palma del secondo o terzo posto. Ma la tendenza sembra disegnata.
In Italia il crollo dei 5Stelle è un botto, anche per l’altezza del 32% come termine impietoso del confronto. Determinando una condizione di debolezza del presidente del consiglio, provocando l’acuirsi delle fibrillazioni nel governo. L’avanzata della Lega ne fa il primo partito italiano e il dominus della scena politica (Fdi sale e Fi sotto il 10), utili stampelle per cambiare l’inquilino di palazzo Chigi.
Il Pd, grazie al richiamo del voto utile contro il fascismo alle porte, inizia a risalire la china facendo sembrare il 25% di Bersani una meta futura. A sinistra del Pd, La Sinistra fallisce l’obiettivo del 4%[1], non supera lo sbarramento, non sappiamo, ne resta lontana. La prima lezione che viene dalle urne ci dice che il problema di unire le forze ormai non ammette repliche e si ripresenterà alle elezioni politiche.
* Fonte:
IL MANIFESTO[2]Foto di John Hain[3] da Pixabay[4]