Biodiversità. Pianeta a rischio, una specie su otto potrebbe estinguersi
La biodiversità sulla Terra non è mai stata così a rischio. Un milione tra piante e animali potrebbero estinguersi da qui a pochi decenni: significa una specie ogni 8, tra quelle conosciute. La denuncia è contenuta nel Rapporto globale sulla biodiversità e i servizi ecosistemici, presentato a Parigi a margine della 7° riunione plenaria dell’Ipbes (Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services), un comitato scientifico indipendente parte della Convenzione sulla diversità biologica delle Nazioni Unite.
L’assemblea si è chiusa il 4 maggio e il comunicato dell’Ipbes presenta toni allarmistici: è unprecedented, «inedito» il declino della natura, mentre il tasso delle estinzioni sta pericolosamente accelerando («accelerating»), e ormai è decine o centinaia di volte superiore a quello medio registrato negli ultimi 10 milioni di anni.
Rischiano di sparire per sempre il 40% di tutte le specie anfibie, e circa 500 mila specie terrestri, il 9% del totale, che presentano «habitat insufficienti per una sopravvivenza di lungo periodo, a meno di interventi di ripristino».
I dati presentati dagli scienziati che hanno curato il rapporto, 145 esperti di 50 Paesi, lavorando per tre anni e ricevendo input da altri 310 autori, sono abbastanza chiari nell’individuare una delle cause principali di ciò che sta avvenendo: siamo noi. «Il 75% della superficie terrestre, e il 66% degli ecosistemi marini, sono “severamente alterati” dalle azioni dell’uomo». Sir Robert Watson, che guida Ipbes, è abbastanza severo e netto nella sua analisi: «Stiamo erodendo le basi su cui poggiano la nostra economia, i nostri mezzi di sostentamento, la nostra sicurezza alimentare, la salute e la qualità della vita in tutto il mondo».
Di numeri che lasciano senza parole, indicatori di questa grave situazione, il rapporto è pieno. Ne scegliamo alcuni: l’85% delle superfici umide sono andate perse tra il 1970 e il 2000, e ad oggi il tasso di riduzione è triplo rispetto a quello della deforestazione; un terzo delle specie di pesci sono sfruttate a un livello insostenibile; la foresta vergine (identificata come una superficie maggiore di 500 mila chilometri quadrati senza pressione umana) si è ridotta del 7% tra il 2000 e il 2013; i conflitti per il controllo di risorse fossili, riserve d’acqua, cibo o terra sono ben 2.500; di qui al 2050 sono in progetto almeno 25 milioni di chilometri di nuove strade asfaltate, quelle che «spezzano» l’habitat animale. Ancora: tra il 2009 e il 2013, il peso del turismo, in termini di «impronta delle emissioni», è cresciuto del 40%, e ormai l’8% del totale delle emissioni di gas climalteranti dipendono dalla domanda di trasporto e cibo dei turisti.
L’ultimo Rapporto globale Ipbes prima di quello appena presentato era del 2005. Questo documento rappresenta, quindi, la prima sintesi integrale che misura e dà conto di quella che viene definita «la sesta estinzione globale», parafrasando i titoli di alcuni libri usciti tra il 2014 e il 2015 e firmati da Elizabeth Kolbert e da Richard Leakey e Roger Lewin.
«La biodiversità e la natura rappresentano un’eredità comune e anche la “rete di sicurezza” più importante per supportare la vita. Oggi questa nostra sicurezza è vicina al punto di rottura», sottolinea la professoressa Sandra Díaz, che ha coordinato la stesura del rapporto con i colleghi Josef Settele e Eduardo S. Brondízio. «La diversità all’interno di una specie, tra speci diverse e all’interno degli ecosistemi sta declinando velocemente, anche se abbiano ancora le risorse per assicurare un futuro sostenibile all’essere umano e al Pianeta».
Serve, però, modificare rapidamente alcuni comportamenti. «Dobbiamo vivere sulla Terra diversamente», commenta Audrey Azoulay, direttore generale dell’Unesco: «Le generazioni presenti hanno il dovere di lasciare in eredità a quelle future un Pianeta non danneggiato in modo irreversibile». Intervistato a marzo dall’Huffington Post, il professor Watson di Ipbse aveva riassunto così lo stato delle cose: «La degradazione dei suoli, la perdita di biodiversità e il cambiamento climatico sono tre facce di una stessa sfida da affrontare: l’impatto sempre più pericoloso delle nostre scelte quotidiano sulle salute della Terra». In Occidente potremmo partire riconsiderando la nostra dieta: il 33% delle superficie terrestre, e il 75% delle risorse di acqua, sono utilizzate per la produzione di cibo o per l’allevamento.
* Fonte: Luca Martinelli, IL MANIFESTO
Related Articles
La battaglia del treno delle scorie Germania, in migliaia invadono i binari
Scontri, feriti e oltre mille arresti per il convoglio nucleare
Regno Unito. Leggi per reprimere il dissenso, soprattutto quello ecologista
La Camera dei Comuni vota il Public Order Bill. Misure autoritarie che danno grande potere alla polizia e istituiscono altri reati. È polemica
Nei mattatoi senza regole
Non è la prima volta che le associazioni denunciano quanto avviene nei mattatoi. “Norme ignorate, ma le ASL fingono di non vedere”