by Eleonora Martini * | 18 Aprile 2019 10:29
«Zone rosse» off limits ai «balordi» in tutte le città d’Italia. «Daspo urbani» per precludere determinate aree di particolare interesse sociale ai mendicanti, ai senza fissa dimora, ai venditori ambulanti (tipicamente stazionanti al semaforo), e a chiunque sia stato anche solo denunciato per alcune tipologie di reato, come lo spaccio, il danneggiamento o il commercio abusivo. È il sogno di Matteo Salvini, rinverdito dall’avvicinarsi della scadenza elettorale europea. Al quale ieri ha dato corpo con una direttiva che sollecita i prefetti italiani a prendere iniziative simili a quelle adottate appena una settimana fa nei centri storici di Bologna e Firenze. E a ricorrere anche al «potere straordinario di ordinanza» pur di rafforzare le azioni militari di contrasto al degrado delle città già introdotte nel decreto sicurezza di Minniti e Orlando. Una iniziativa contro la quale si è scagliato, con pari piglio elettorale, il ministro Luigi Di Maio: «Ho letto che attribuisce più poteri ai prefetti che ai sindaci in alcuni casi. Non saprei dire, io sono dell’opinione che chi governa lo scelgono i cittadini. È l’abc della democrazia».
Nella circolare in verità, il ministro dell’Interno ha invitato i prefetti a «convocare specifiche riunioni del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica» ( dove siede anche il sindaco) al fine di individuare «con la massima celerità» le aree necessarie di azione e, nel caso, «fornire il supporto necessario a declinare una complessiva strategia di intervento che contempli anche il ricorso al potere straordinario di ordinanza, di durata temporalmente limitata, qualora l’iniziativa non sia differibile all’esercizio degli strumenti ordinari se non incorrendo in quel danno incombente che si intende scongiurare con la sollecita adozione dell’atto». Tanta burocrazia del linguaggio per dire che è concesso andare in deroga alle leggi. Poi però, «a partire dal prossimo 31 maggio – si legge ancora nella direttiva di Salvini – dovranno pervenire, con cadenza trimestrale, puntuali report sul monitoraggio condotto in relazione alle ricadute delle ordinanze adottate».
Le prime disposizioni di questo tipo sono scattate nei giorni scorsi a Bologna e Firenze. Nel capoluogo toscano il provvedimento, che avrà la durata sperimentale di tre mesi, impone l’allontanamento dal centro storico e dalle zone più frequentate dai turisti di tutte quelle persone i cui comportamenti confliggono con la percezione generale di uno spazio sicuro e pulito.
A Bologna invece non c’è stata alcuna «zonizzazione» ma l’applicazione saltuaria di «daspo urbani». Poiché nel capoluogo emiliano questo tipo di provvedimenti viene adottato fin dal 2017, i risultati sono già visibili, come fa notare il presidente dell’Anci Antonio Decaro: lo spaccio non è stato debellato ma ha solo spostato più in periferia le sue piazze prescelte, così come non sono stati risolti i problemi sociali o sanitari delle persone che vivono in strada, e il commercio abusivo si è solo nascosto un po’ di più.
Niente da fare: per il leader leghista (almeno fino alle elezioni europee) le «piazze dello spaccio» vanno smantellate attraverso «l’inibizione alle aree maggiormente interessate dalla perpetrazione di tali illeciti». Ed è il ministro degli Interni che considera «un successo» il ricorso «sperimentato localmente» a «provvedimenti prefettizi che vietano lo stazionamento a persone dedite ad attività illegali».
* Fonte: Eleonora Martini, IL MANIFESTO[1]
photo: Pampuco [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)]
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