Quella strage senza fine chiamata lavoro: 1.133 morti in un anno
La strage continua sul lavoro, raggiungendo il posto di lavoro, quando si è colpiti da malattie cancerogene imputabili all’attività e quando si vive accanto a luoghi pieni di amianto. In occasione della giornata mondiale per la salute e la sicurezza nei luoghi del lavoro di oggi, l’osservatorio statistico dei consulenti del lavoro ha elaborato gli open data dell’Inail per il 2018 e ha squadernato l’orrore quotidiano a cui nessuno sembra essere capace, o vuole, di porre un rimedio.
ECCO I DATI nella loro crudeltà: 641mila lavoratori hanno subìto un incidente, l’84,6% dei quali si sono verificati durante l’attività lavorativa, mentre il 15,4% nel tragitto casa-lavoro .Rispetto al 2017 le denunce di infortuni sono aumentata di 5.828 (+0,9%), i decessi ancora di più (+10,1%), soprattutto per gli eventi plurimi registrati nel mese di agosto nelle campagne tra i braccianti immigrati. I morti sono stati 1.133 (786 in occasione di lavoro), per cui su ogni mille infortuni 1,8 hanno comportato la morte del lavoratore.
LE TRAGEDIE si moltiplicano nel mezzogiorno, e in particolare nelle sei province di Crotone, che fa registrare il più alto tasso di incidenti mortali negli ultimi due anni (6,3 ogni mille), Isernia (5,9‰), Campobasso (4,7‰), Caserta (4,4‰), Vibo Valentia (4,1‰) e Matera (4‰). Le zone più virtuose si trovano prevalentemente nel Nord Italia. Dopo Biella (con zero decessi negli ultimi due anni) ci sono anche le province di Barletta-Andria-Trani e Oristano, seguite da Lecco, Trieste, Bolzano e Como , Cremona, Reggio-Emilia e Lucca con lo 0,7‰. Napoli è al 19° posto con 2,68 incidenti mortali ogni mille, seguita da Genova (1,79‰), Roma (1,66‰), Palermo (1,59‰) e Torino (1,5‰), mentre Bologna (1,2‰) e Milano (0,88‰) sono al di sotto della media nazionale. Dati ancora più sconvolgenti sono quelli che arrivano da Taranto. Tra i lavoratori impiegati nello stabilimento ex Ilva è stato registrato un aumento del 500% di casi di cancro rispetto alla media della popolazione generale della città non impiegata nello stabilimento. La stima, pubblicata nel 2018, dall’Osservatorio nazionale amianto (Ona), a conferma del dato allarmante diffuso oggi dall’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro. Anche secondo questi dati, Taranto rappresenta un’emergenza con il 50% di tumori in più registrato tra gli impiegati dello stabilimento ex Ilva, che sono stati esposti solo in modo indiretto».
L’OSSERVATORIO STIMA che in Puglia, in generale, siano circa 5 mila i morti causati o concausati dall’esposizione all’amianto nel periodo 1993/2015. Dunque circa 220 l’anno, per le sole patologie asbesto correlate. E statisticamente i tumori polmonari sono circa il doppio dei mesoteliomi, a cui vanno aggiunte le altre patologie causate dalla diossina e dagli altri inquinanti. In Puglia i mesoteliomi ufficialmente registrati sono stati 1.191, nel periodo tra il 1993 e il 2015, pari al 4,4% di quelli registrati nel Paese, nel 67,2% dei casi causati da esposizione all’amianto di tipo professionale. I morti per mesotelioma nella citta’ di Taranto tra il 2006 e 2011 rappresentano quindi la meta’ di quelli censiti nell’intera regione. A Bari le rilevazioni Ona fino al dicembre 2018 hanno appurato 160 casi di mesotelioma causati dall’esposizione dell’ex Fibronit, con una incidenza «in crescita» ed una media di circa 20 nuovi casi ogni anno.
ALTRI DATI PREOCCUPANTI su Taranto sono quelli elaborati in un recente rapporto dell’Istituto superiore di sanità, che prende in esame i dati su 45 siti di interesse nazionale e regionale per le bonifiche, inclusa Taranto. Chi vive nei siti contaminati ha un rischio di morte più’ alto del 4-5% rispetto alla popolazione generale. E questo, in un periodo di 8 anni, si e’ tradotto in un eccesso di mortalità pari a 11.992 persone, di cui 5.285 per tumori e 3.632 per malattie dell’apparato cardiocircolatorio.
* Fonte: Mario Pierro, IL MANIFESTO
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