by Roberto Ciccarelli * | 30 Aprile 2019 9:52
Gig Economy. I sindacati a Di Maio: «Basta chiacchiere, faccia veramente una proposta». Il vicepremier confonde ancora le acque: “Il provvedimento andrà con il salario minimo, ma pensiamo anche al decreto crescita”. Con i sindacati tavolo sul salario minimo il sei maggio
Sono le lotte a riportare la realtà materiale nella zona grigia dove i diritti dei rider si annullano e la confusione del governo pentaleghista riduce tutto al silenzio. I ciclofattorini del collettivo «Deliverance Milano» hanno usato l’iniziativa choc sulla «black list» dei «vip» che non danno le mance per rivendicare i diritti sindacali e sociali dei lavoratori digitali. Il 27 aprile a Torino i riders della piattaforma di consegne a domicilio Glovo hanno scioperato chiedendo un contratto diverso, il diritto alla disoccupazione, previdenza, ferie e tutte le altre normali tutele. Il 28 aprile a Bologna hanno scioperato i riders di Deliveroo, mentre ieri quelli di Sgnam/MyMenu (azienda che ha sottoscritto la «Carta dei diritti fondamentali dei lavoratori digitali» con sindacati, comune e gli autorganizzati della «Riders Union Bologna) hanno tenuto un’assemblea sindacale retribuita. Una nuova mobilitazione è prevista il primo maggio: in occasione della festa dei lavoratori i rider sfileranno in bicicletta e chiamano a una nuova astensione dal lavoro nelle loro città.
Nel giro di poche ore il Palazzo è tornato a parlare dei temi sollevati da questi lavoratori, rimossi dagli imbarazzi del ministro del lavoro Di Maio. Lo stesso che aveva convocato i rider all’indomani del suo insediamento ai primi di giugno dell’anno scorso e li aveva eletti a simboli del precariato.
Da cinque mesi non convoca più il «tavolo nazionale» che avrebbe dovuto dare vita alla concertazione 2.0. Non lo ha fatto perché le imprese del food delivery non accettano la prospettiva di contrattualizzazione dei rider, in particolare nell’ambito della logistica. A questa tesi, sostenuta tra l’altro dai sindacati, si preferisce un approccio parziale alla tutela di un’unica categoria che prevede una copertura Inail per gli infortuni; una migliore contribuzione Inps; il divieto di retribuzione a cottimo. Resta sul tavolo il problema di un intervento iper-parcellizzato[1] che isola i rider dagli altri lavoratori digitali e non li considera come la parte più visibile di un fenomeno che sarà evidente man mano che avanzerà la «piattaformizzazione» del lavoro precario in Italia.
Il provvedimento, promesso da mesi da Di Maio, è prima saltato, poi è scomparso. Doveva essere un decreto leggo, poi doveva confluire nel «decretone reddito-quota 100», infine è stato rinviato a quello futuribile sul «salario minimo», sempre che la Lega sia d’accordo. E bisognerà vedere in quale forma. Ieri Di Maio ha persino riaperto quel guazzabuglio di norme che è il «decreto crescita» approvato due volte dal governo. «Ma su questo ci sarà bisogno dell’autorizzazione dei presidenti delle Camere» ha precisato Di Maio.
In questo gioco a mosca cieca ai rider è stato dato un nuovo rinvio al sei maggio, quando tornerà a riunirsi il tavolo governo-sindacati sul salario minimo, una partita sulla quale ancora non c’è una minima intesa. I sindacati sono scettici: «È essenziale che le imprese retrocedano da atteggiamenti miopi e inaccettabili che fino ad ora hanno impedito di trovare soluzioni utili» sostiene Tania Scacchetti (Cgil).
* Fonte: Roberto Ciccarelli, IL MANIFESTO[2]
foto: Riders Union Bologna
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