Libia. Haftar vola da Parigi a Mosca, bombe a sud di Tripoli
Nel centro di Tripoli i tavolini all’aperto dei caffè erano affollati di famiglie con bambini anche in questo secondo fine settimana di combattimenti alle porte della città, i negozi aperti e il traffico caotico come al solito: i passanti intervistati dalle agenzie internazionali notavano solo un aumento per le strade di convogli militari e il rumore delle bombe in lontananza. L’aeroporto internazionale di Mitiga ha ripreso a operare voli anche di giorno.
Ma la guerra tra il generale Haftar della Cirenaica e il premier Serraj si va intensificando nei sobborghi meridionali. Con propaggini a Zawiya – due morti e diversi feriti per l’esplosione di un ordigno – e l’altro giorno a Zuara, sulla costa, non distante dagli impianti petroliferi di Mellitah.
Sotto le bombe da giorni è la zona di Ein Zara, dove è stato colpito anche il centro di detenzione dei migranti di Bashir al Sadawi e dove l’aviazione di Haftar ha distrutto la scuola di Al Quds, fortunatamente vuota. Sotto i raid anche Tajura, più a est, dove c’è stata anche una sparatoria con un poliziotto morto a un posto di blocco e l’area di Aziziya che a quanto pare non è più in mano all’Lna di Haftar, come pure Yarmuk e Gharyan.
L’esercito del generale è ora attestato al ponte di Wadi Rabie. Mentre intorno al ponte di Suwani scontri con armi pesanti sono andati avanti tutta la giornata e una famiglia di quattro persone è rimasta uccisa prima dell’intervento della Mezzaluna rossa per portare via i civili. L’esercito cirenaico è mal messo: un aereo ha trasportato i feriti a Bani Walid, nelle retrovie, dove sono state inviate dieci ambulanze di soccorso dalla Tunisia.
I civili sfollati sono già oltre 13mila, 4mila nelle ultime 24 ore. I morti, quasi tutti soldati a parte tre medici, sarebbero arrivati a cento. Ma molti sono i feriti civili a riempire l’unico ospedale di Abu Salim e gli altri centri medici, già quasi al collasso. Ieri i giornali libici riportavano con un certo risalto le foto delle migliaia di cittadini dei quartieri centrali di Tripoli scesi in piazza contro l’attacco di Haftar, con slogan e bandiere bruciate anche della Francia, sua alleata. La manifestazione, venerdì all’uscita dalle moschee, ha fatto il paio con la fiaccolata che a sera ha mobilitato alcune centinaia di persone a sostegno di Haftar nella capitale della Cirenaica, Bengasi.
Proprio a Bengasi ieri il Parlamento eletto, riunito in via straordinaria su Tripoli, non è riuscito a partorire altro che un testo che chiede la rimozione dell’embargo di armi. Il comandante Hassi lamentava infatti ieri come l’Lna abbia in dotazione «armamenti degli anni Cinquanta». Il parlamento di Tobruk del resto, incapace per anni di trovare soluzioni su legge elettorale e referendum costituzionale, si era anche rifiutato di partecipare alla conferenza nazionale libica che avrebbe dovuto aver luogo proprio oggi a Ghadames.
Il presidente Aguila Saleh ha fatto sapere i nuovi piani: «Andremo a elezioni non appena Tripoli sarà liberata dai terroristi», ha detto, intendendo le milizie che fanno capo a Serraj. L’offensiva è però a un punto morto, anche se il comandante delle operazioni, il maggiore Abdul Salam al Hassi, in una intervista al sito russo Sputnik ha annunciato in modo sibillino che «presto ci saranno sorprese sul campo» e che «la battaglia di Tripoli sta entrando nella sua fase decisiva».
Dall’analisi dei tracciati aerei, che negli ultimi giorni sta concentrando l’attenzione dei giornalisti libici, sono stati individuati due aerei atterrati all’aeroporto Benina di Bengasi provenienti dagli Emirati arabi uniti. Secondo i media locali si tratterebbe di due velivoli in arrivo da Abu Dhabi carichi di equipaggiamenti ultra moderni e ingegneri specializzati nella gestione di droni militari.
È stato tracciato anche un Falcon 50Ex, che secondo la tv Libya Alahrar sarebbe l’aereo su cui si sposta il feldmaresciallo di Bengasi o i suoi due figli Saddam e Khalid, quello su cui si sarebbe spostato per avere l’ok di Parigi il 4 aprile, usato poi per cercare di convincere il primo ministro Conte l’8 aprile a Roma.
Stavolta il Falcon sarebbe stato intercettato in missione di ritorno venerdì pomeriggio da Mosca. Ieri il premier di Tripoli Serraj, dopo aver visto l’inviato Onu Salamé, ha chiesto la convocazione di un nuovo Consiglio di sicurezza alle Nazioni unite sulla crisi libica. Intanto il vice premier di Serraj, Ahmed Maitig – uomo in vista di Misurata, città che dopo aver sconfitto Gheddafi ora sta dando filo da torcere specialmente con la sua aviazione al suo ex generale Haftar – sarà domani a Roma per incontrare Conte e il ministro Moavero.
Lo stesso giorno e sempre a Roma Conte e Moavero si vedranno anche con il vice premier qatariota Mohammmed Bin Abdulrahman Al Thani. Gli schieramenti sono sempre più chiari, resta invece incerto il ruolo del mediatore.
* Fonte: Rachele Gonnelli, IL MANIFESTO
photo: Brigitte N. Brantley [CC BY 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by/2.0)]
Related Articles
Restituire un futuro al vecchio continente
Atene in fiamme, il Parlamento che approva la manovra di tagli e sacrifici, i mercati che applaudono. E il popolo, ci domandiamo tutti, e i cittadini?
Il rilascio dei palestinesi e lo (scarso) tempismo Ue
GERUSALEMME — Gli appunti di un diplomatico europeo svelano le opinioni emerse quando i burocrati di Bruxelles hanno spiegato qualche settimana fa le linee guida da applicare ai prestiti o ai finanziamenti destinati a Israele. Le regole impediscono che i soldi della Commissione finiscano a università, società, istituzioni installate al di là della Linea Verde.
Emiliano Brancaccio: «Nell’Unione europea arrestare i capitali, non i migranti»
Intervista all’economista Emiliano Brancaccio sui quindici anni dell’euro: “Le sinistre dovrebbero contrapporsi alle destre xenofobe proponendo il controllo sulle scorrerie internazionali della finanza che svaluta i salari e i diritti”