La nave di Sea Eye in rotta verso Malta, Salvini esulta

by Adriana Pollice * | 7 Aprile 2019 16:55

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Dopo aver girato a vuoto lungo i margini delle acque territoriali italiane al largo di Lampedusa, ieri la Alan Kurdi, la nave dell’ong tedesca Sea Eye, ha messo la prua verso est in direzione Malta, sfruttando una finestra meteo positiva, nel mezzo di un mare che annuncia una nuova tempesta.

Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ieri festeggiava: «Dietrofront nave ong. Molto bene, in Italia non si passa». L’equipaggio e i 64 migranti salvati mercoledì sperano di poter ottenere il via libera allo sbarco dal premier Joseph Muscat.

Ci sta lavorando il governo tedesco ma ancora ieri pomeriggio Roma e La Valletta tenevano ferma la politica dei porti chiusi. Venerdì Salvini, su pressione di Berlino, aveva accettato di far sbarcare a Lampedusa le due donne con i loro figli di uno e sei anni, più una terza donna incinta, ma l’offerta è stata respinta perché sulla Alan Kurdi sarebbero rimasti i mariti.

«Vogliamo restare insieme, le famiglie dovrebbero restare unite», ha spiegato in un video il padre della bimba di undici mesi.

La decisione del governo italiano di negare lo sbarco ai due papà ha reso evidente che una soluzione diplomatica in queste condizioni non sarebbe arrivata, sicuramente non in tempi brevi. Così meglio provare con Malta, lasciando la trattativa all’Ue e a Berlino. «Salvini non ha umiliato solo i naufraghi, ma sfrutta tutto e tutti per ottenere il massimo vantaggio possibile da questa situazione», il commento dagli attivisti della Sea Eye.

La situazione a bordo si è fatta difficile: nonostante le cabine dell’equipaggio siano state aperte ai naufraghi, in molti hanno passato già quattro notti sul ponte con il mare in burrasca, acqua e cibo cominciano a scarseggiare. «Siamo preoccupati per le condizioni del tempo, noi seguiremo le istruzioni delle autorità maltesi di non entrare in acque territoriali senza permesso, ma non possiamo sostenere questa situazione per molti giorni», spiega Gordon Isler, portavoce della Sea Eye.

Nel pomeriggio di ieri è arrivato un report da bordo: «Il cibo viene razionato perché siamo tutti sulla stessa barca. Molte persone sono costrette a dormire sul ponte. E il tempo peggiora ulteriormente. Adesso abbiamo bisogno di un porto sicuro». Le condizioni sulla Alan Kurdi diventavano difficili e Salvini esultava: «Primo storico dietrofront di una nave ong dalle acque italiane: volere è potere, prima gli italiani!».

E, in un crescendo parossistico, ha aggiunto: «Facciamo ciao, ciao alla nave dell’ong che, purtroppo, non arriva in Italia ma va altrove. Con la morte nel cuore, vanno a Malta perché noi decidiamo chi entra e chi esce in casa nostra. Mi sembra che abbiamo il diritto di farlo. Mi denunciano? Chissenefrega».

Le elezioni europee sono dietro l’angolo e il leader leghista spinge sulla propaganda: «Mi dicono che la procura di Agrigento aprirà un fascicolo su di me: possono aprire delle enciclopedie a mio carico, ma io non cambio assolutamente atteggiamento. I porti sono e rimangono chiusi e inibiti al traffico indesiderato».

Per poi snocciolare i numeri: «Meno 93% di arrivi dal mare rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il 70% delle richieste di riconoscimento dello status di profugo negate. Fino a ieri si regalava la patente di profugo a chi non lo era».

In Libia nel frattempo il conflitto, mai cessato davvero, è riesploso rendendo la finzione della zona Sar di Tripoli evidente a tutti. Salvini però tira dritto: «Che la guardia costiera libica sia in perfetta efficienza è interesse di tutti. Abbiamo emesso delle direttive che inibiscono l’ingresso in acque territoriali a navi non gradite».

Ma Filippo Grandi, responsabile dell’Unhcr per la Libia, ieri ha sottolineato: «Il conflitto rischia di peggiorare, il lavoro di UN migration e Unhcr per aiutare migranti e rifugiati bloccati in Libia diventerebbe ancora più difficile». Con buona pace di Salvini che insiste a sostenere che quelli libici sono porti sicuri.

La portavoce Unhcr, Carlotta Sami, ha postato sui social: «Salvare vite umane in mare è un imperativo primordiale. Le ong hanno svolto un ruolo essenziale, è ora di rimuovere gli ostacoli al loro operato. Sei persone ogni giorno sono morte in mare nel 2018».

* Fonte: Adriana Pollice,  IL MANIFESTO[1]

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