Irlanda del Nord. Venerdì santo insanguinato
«Non si muore più per mano dei paramilitari, ma si continua a morire, troppo giovani e troppo presto». Lo scriveva domenica scorsa sul Belfast Telegraph Lyra McKee, ventinovenne giornalista e attivista Lgbt, freddata ieri notte da mano paramilitare nel Creggan, un quartiere di Derry a stragrande maggioranza nazionalista-repubblicana.
Nel suo pezzo McKee descriveva un tragico paradosso, ovvero il fatto che, dal venerdì santo del 1998, giorno degli accordi di pace, i suicidi in quella parte dell’Irlanda (o dovremmo dire di Gran Bretagna) hanno di gran lunga superato le vittime causate dal conflitto a partire dal 1969. L’articolo dimostrava un legame tra questa tragedia immane e gli strascichi psicologici dei Troubles che si riteneva essere cosa del passato.Oggi, proprio a ridosso di un altro venerdì santo destinato anch’esso a rimanere nei libri di storia irlandese, quei tumulti che sembravano consegnati ai giorni andati, tornano alla ribalta in tutta la loro ferocia. A qualche ora, infatti, dalla forte presa di posizione di Nancy Pelosi, speaker del congresso americano, che, in visita a Belfast, parlando di Brexit ha definito gli accordi del 1998 un «faro per il mondo intero», un altro fatto di sangue ha scosso il nord dell’isola d’Irlanda.
NELLA SERA DI MERCOLEDÌ, e poi anche il giorno seguente, sono tornati i blindati della polizia nordirlandese nel Creggan. Si trattava dei soliti blitz, frequenti negli ultimi anni, intesi formalmente a prevenire possibili disordini legati alle commemorazioni dell’Insurrezione di Pasqua del 1916, rivolta che prima di essere sedata nel sangue dagli inglesi, vide a Dublino la proclamazione della Repubblica irlandese.
Come previsto, l’incursione delle forze dell’ordine non è stata benvenuta da frange soprattutto giovanili della popolazione locale, le quali hanno risposto, sia mercoledì che giovedì, lanciando decine e decine di molotov in direzione dei poliziotti, incendiando un’auto, e sequestrandone altre due.
IL SECONDO GIORNO, dopo ore di tensione, un uomo dal volto coperto ha esploso attorno alla mezzanotte un colpo di arma da fuoco contro le camionette. La giornalista Lyra McKee che si trovava a fianco di una di queste assieme a tanti residenti, è stata ferita, ed è poi deceduta in ospedale nelle prime ore del venerdì santo.
Da subito fondati sospetti sono ricaduti sui dissidenti repubblicani che già nei mesi passati, e sempre a Derry, hanno mostrato di tollerare assai malvolentieri la presenza delle forze di polizia, un corpo non più rappresentante soltanto degli unionisti, eppure all’oggi ancora guidato da dirigenti che per il 90% fanno capo alla fazione filo-britannica.
Proprio a Derry era in programma, per la domenica di Pasqua, una manifestazione organizzata da Saoradh, il movimento socialista-repubblicano contrario al processo di pace, e da molti additato quale referente politico della cosiddetta New Ira.
DOPO LA TRAGEDIA, i portavoce del partito hanno annullato l’appuntamento domenicale, e contestualmente è stato pubblicato un comunicato in cui si legge: «Ieri sera, durante l’ultimo di una serie di attacchi, corpi pesantemente armati delle ‘Forze della Corona’ hanno fatto irruzione nel Creggan per attaccare i Repubblicani in vista delle imminenti Commemorazioni dell’Insurrezione di Pasqua… La reazione inevitabile a tale incursione è stata la resistenza dei giovani del Creggan… Durante quest’attacco alla comunità, un Volontario Repubblicano ha tentato di difendere la popolazione dalla Polizia nordirlandese. Una giovane giornalista, Lyra McKee, che seguiva gli eventi è rimasta tragicamente e accidentalmente uccisa mentre si trovava alle spalle del personale armato e dei blindati delle ‘Forze della Corona’».
Sono parole di certo mal digerite dalla maggioranza popolazione nazionalista-repubblicana convintamente schierata a favore del processo di pace; e infatti si scontrano con altre parole, quelle di rappresentanti del principale partito repubblicano, lo Sinn Féin. L’ex leader, Gerry Adams, non ha usato mezzi termini nello stigmatizzare l’avvenuto: «In questo mattino del venerdì santo e alla vigilia della Pasqua, sia Lyra McKee l’ultima a morire in questo modo. I colpevoli non sono dell’Ira. L’Ira ha abbracciato la pace. Si è ritirata. Nessun repubblicano può appoggiare queste gang contrarie alla pace che si travestono da membri dell’Ira. Dovrebbero sciogliersi».
L’attuale leader di Sinn Féin per il Nord, Michelle O’Neill ha poi firmato un documento congiunto con tutti gli altri partiti, unionisti compresi, per condannare «questo crimine efferato» e reiterare «il nostro sostegno alle forze di polizia nordirlandesi».
I PRINCIPALI PARTITI negano che quanto avvenuto abbia una qualunque connessione con i contrasti dovuti alle incertezze di Brexit o alle possibili ripercussioni che gli esiti delle negoziazioni possono avere per i precari equilibri dell’Irlanda del Nord. È tuttavia lecito immaginare che le tensioni di questi giorni abbiano il potenziale per rimettere in discussione, da una parte e dall’altra dello scacchiere politico, molte tra le certezze degli ultimi anni.
Prima di morire, Lyra McKee aveva postato su Twitter una foto di veicoli della polizia parcheggiati accanto a gruppi di civili, e sullo sfondo una barricata in fiamme. Nel breve testo che accompagnava il post si leggeva: «Derry stanotte. Follia pura». Nel suo ultimo articolo sulle tante morti per suicidio in Irlanda del Nord, aveva scritto: «Sono passati 20 anni dagli Accordi del venerdì santo, e ancora portiamo alla tomba giovani vite in una bara».
* Fonte: Enrico Terrinoni, IL MANIFESTO
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