Irlanda del Nord. New Ira si scusa per l’omicidio della giornalista
Dopo il tragico incidente accaduto a Derry nella notte tra giovedì e venerdì della settimana scorsa in cui ha perso la vita la giornalista Lyra McKee, le reazioni sono state molteplici. La popolare attivista, uccisa da una pallottola vagante partita dalla pistola di un uomo mascherato e armato, che evidentemente puntava a colpire membri della polizia nordirlandese, è stata ricordata in tante occasioni pubbliche; e il giorno dopo la sua scomparsa sono stati fermati e poi rilasciati dalla polizia nordirlandese due ragazzi tra i 18 e i 19 anni. Agli arresti c’è ora invece una donna di 57 anni, ma non sono noti i dettagli della detenzione.
Il partito politico che si ritiene vicino alla New Ira, subito indicata come responsabile dell’accaduto, ovvero i socialisti rivoluzionari di Saoradh, hanno cancellato per rispetto della vittima la parata prevista a Derry per le commemorazioni dell’Insurrezione di Pasqua del 1916. Non hanno però cancellato quella di Dublino, e nella giornata di domenica per le vie della città ha sfilato senza incidenti un gruppo di affiliati vestiti in abiti paramilitari.
Il linguaggio usato sembra ricalcare quello del comunicato di Saoradh rilasciato subito dopo l’uccisione di McKee, il che corrobora l’ipotesi, sempre smentita dal partito, di un legame stretto tra le due organizzazioni. Ma è l’utilizzo della sigla Ira a irritare i più, e non solo tra i membri di Sinn Féin, il partito di sinistra storicamente considerato il braccio politico del movimento. In quell’occasione, uno dei portavoce nazionali, Dee Fennell, parlando del «tragico incidente», ha detto pubblicamente che se la responsabilità dell’omicidio è di mano repubblicana, allora l’Ira dovrà scusarsi. Lo stesso Fennell, lunedì, parlando al cimitero di Milltown a Belfast che ospita i resti di tanti repubblicani incluso Bobby Sands, ha affermato che Saoradh non si scioglierà, nonostante le richieste in tal senso pervenute da più parti, e le proteste fuori dagli uffici del partito a Derry. Tra queste, la più simbolica è stata quella inscenata dagli amici della giornalista uccisa, che hanno lasciato impronte rosso sangue sui muri della sede del movimento alla presenza di alcuni attivisti, che però hanno lasciato fare.È poi arrivata, nella mattinata di ieri, e come di consueto agli uffici dell’Irish News, utilizzando una parola d’ordine che ne rivela la fondatezza, la dichiarazione/rivendicazione dell’Ira (in questo caso parliamo della New Ira) in cui si offrono «sincere scuse alla partner, alla famiglia e agli amici di Lyra McKee», uccisa mentre stazionava accanto alle «forze nemiche». Tuttavia, prosegue il comunicato, gli scontri sono stati provocati da una «incursione nel Creggan da parte di forze della corona britannica pesantemente armate» e «l’Ira ha schierato i propri volontari in risposta. Abbiamo istruito i nostri volontari di fare estrema attenzione in futuro nel confrontarsi col nemico, e di mettere in campo ogni misura utile in questo senso».
Le critiche piovono anche dall’universo frastagliato della dissidenza. La più importante presa di distanza appare quella del 32 County Sovereignty Movement, fondato più di venti anni fa dalla sorella di Bobby Sands, Bernadette Sands McKevitt, movimento che mostra diverse sovrapposizioni anche in termini di attivisti proprio con Saoradh. Il 32 Csm è ritenuto infatti vicino a quella Real Ira di cui però alcuni membri di spicco sarebbero confluiti proprio nella New Ira nel 2012.
L’organizzazione ha dichiarato che qualcuno sta abusando del nome Óglaigh na hÉireann, ovvero la sigla usata variamente per designare l’Ira da parte delle varie fazioni contrarie al processo di pace portato avanti da Sinn Féin. Nel comunicato si legge che «alla luce degli eventi recenti e sconsiderati di Derry, in cui persone che presumono di agire in nome del Repubblicanesimo irlandese hanno reclamato la giovane vita della giornalista e attivista per i diritti civili, Lyra McKee, il nostro obiettivo è una volta per tutte quello di mettere a nudo le false credenziali di quanti non sanno offrire altro alla battaglia repubblicana, se non denigrazione e ignominia».
Il comunicato non rinuncia all’opzione di una «forza armata disciplinata contro la violazione della nostra sovranità nazionale», ma chiede «a quanti, all’interno di una struttura di comando disfunzionale, sono pronti a mandare giovani vite irlandesi in spedizioni sconsiderate che li faranno andare incontro alla morte o al carcere, di fermarsi immediatamente», poiché «l’eredità del repubblicanesimo irlandese può essere raccolta solo da chi ha idee utili a portarla avanti». Tra le righe, dunque, si legge non solo l’ennesima frizione all’interno della dissidenza, ma anche una volontà di continuare a oltranza, e anche al di fuori dell’agone democratico, una battaglia che dura ormai da tanti decenni.
* Fonte: Enrico Terrinoni, IL MANIFESTO
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