In Libia la battaglia continua, ripresi combattimenti e bombardamenti
Passata la tempesta di sabbia che si è abbattuta su Tripoli impedendo la visibilità, i combattimenti nei dintorni della capitale sono ripresi ieri con intensità maggiore e bombardamenti aerei incrociati anche in pieno giorno. Un caccia dell’aviazione di Misurata è stato anche abbattuto dalla contraerea sulla base di al Jufra.
L’ESERCITO NAZIONALE LIBICO (Lna) del generale cirenaico Haftar ha infine sferrato la sua seconda offensiva alla conquista della capitale dopo 19 giorni di assedio. Il suo portavoce Ahmed Mismari sostiene che il cuore della città sia ora a una distanza non più di 10 chilometri mentre continuando a far affluire rinforzi, anche dalla città di Zintan, dove il generale, a rinsaldare l’alleanza, ha promosso a comandante occidentale il generale Idris Madhi.
Le forze di Misurata cercano di resistere, qua e là guadagnano ancora qualche posizione, nella zona di Wadi Rabie o vicino Gharyan. Aumentano esponenzialmente le perdite, ieri nelle fila dell’Lna ci sono stati almeno 30 morti in poche ore e il conto complessivo è arrivato 264 vittime e 1.266 feriti a partire dal 4 aprile. Così come sono aumentati gli sfollati – siamo a quasi 35 mila – e le famiglie bloccate dal fuoco incrociato. Secondo l’Unicef – che ha già dirottato sull’aeroporto di Misurata 18 tonnellate di aiuti umanitari, soprattutto kit igienico-sanitari – sono intrappolati nella battaglia circa 1,5 milioni di persone, tra cui mezzo milione di bambini.
IL GOVERNO DI ACCORDO NAZIONALE si è trasferito da Tripoli a Misurata e traballa. Il premier Serraj è sempre in bilico e isolato: dopo la telefonata del presidente americano Trump a Haftar, la posizione da sempre filo-Haftar della Francia è tornata ad essere entro la linea atlantica, lasciandolo Serraj che ne chiedeva la condanna internazionale, se non sgomento, quanto meno «sorpreso e perplesso». Il premier deve anche affrontare una nuova «sparizione» all’interno della sua compagine governativa: il viceministro della Difesa, Wahida Abdullah Wahida Najm al Suleimani, è sparito. Un cugino sostiene che sarebbe stato rapito dalla brigata al Nawasi di Tripoli. Ma non è escluso che il politico sia espatriato o si sia nascosto per poi riposizionarsi a seconda della vittoria di una parte o dell’altra.
LE DIPLOMAZIE INTERNAZIONALI sono in fermento. L’Italia sembra intenta a ritessere una tela di alleanze per rimettersi in carreggiata, dopo aver puntato per anni su Serraj. Il premier Conte ha nuovamente sentito al telefono Trump sui rischi di nuovi flussi migratori dalla Libia e sugli interessi italiani in Libia, vedi alla voce petrolio. Mentre il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi ha ricevuto alla Farnesina il collega emirati Abdullah bin Zayed al Nahyan, sempre per parlare degli sviluppi della crisi libica. Oggi lo stesso Conte vedrà direttamente l’inviato speciale Onu per la Libia Ghassam Salamé.
LA PRESIDENZA EGIZIANA ha convocato al Cairo in giornata due vertici straordinari dei paesi africani, su Sudan e Libia. L’Egitto è infatti presidente di turno dell’Unione africana e questo rafforza ulteriormente il peso di Haftar – da sempre sponsorizzato da Al Sisi – come nuovo garante della sicurezza nell’area, sia nel Fezzan e quindi alla frontiera sud, sia prossimamente lungo la costa in direzione della Tunisia, dove finora sono state le milizie pagate dal governo di Tripoli a gestire i traffici di migranti africani.
Il governo Serraj continua a diffondere allarmi su possibili riprese di sbarchi in Italia, facendo trapelare tramite l’intelligence italiana cifre un po’ meno irrealistiche da quelle date dal vice premier Ahmed Maitig: da 800 mila a 100 mila nuovi profughi, libici inclusi. Ma secondo Filippo Grandi, l’Alto commissario dell’Unhcr, nella riapertura della via del mare dalla Libia a seguito del conflitto le partenze potrebbero attestarsi attorno alle 6 mila unità. Il commissario europeo alle migrazioni Avramopoulos nei giorni scorsi ha ricordato ai partner la necessità di mettere comunque in campo una adeguata preparazione alla ripresa degli sbarchi.
* Fonte: Rachele Gonnelli, IL MANIFESTO
photo: Maher27777 [Public domain]
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