by Roberto Ciccarelli * | 20 Aprile 2019 9:04
Governo. Per la Cisl è «un attacco alle condizioni dei lavoratori dell’edilizia, dei servizi, dell’igiene e delle forniture». Per la Cgil ci saranno «meno controlli, meno trasparenza, meno tutele e meno qualità. Senza alcuna accelerazione dei tempi»
Si legge «Sblocca Cantieri», si dice «Sblocca porcate». Il decreto approvato due volte dal governo Lega-Cinque Stelle, l’ultima due giorni fa mentre ieri è stato controfirmato dal presidente della Repubblica Mattarella, è stato ribattezzato da Alessandro Genovesi, segretario della Fillea Cgil, in modo forse poco consono, ma sostanzioso. Da quando i nomignoli evocativi sono usati dalla propaganda dei governi in economia («Salva Italia», «Sblocca Italia» ecc.), lo «Sblocca porcate» rende l’idea di un’economia del saccheggio del territorio, del laissez-faire alimentato dalla teoria dello choc di cui parla Naomi Klein, la riduzione dei controlli sugli appalti e la legalità, l’attacco ai diritti dei lavoratori. Incrociando le analisi dei sindacati e quelle dall’autorità anti-corruzione Anac lo «sblocca porcate» è una Tav al cubo, spalmata sul territorio nazionale, di incerto impatto sulla «crescita» fantasma, moltiplicatore di un’economia dell’espropriazione selvaggia.
È quello che accadrà, ad esempio, nelle economie della ricostruzione nelle zone terremotate. «Sarà l’effetto combinato di un insieme di fattori – sostiene Genovesi – il ritorno al massimo ribasso, il ritorno in capo ai comuni non capoluogo della possibilità di mettere in gara lavori sopra soglia senza passare da soggetti aggregatori (unione dei comuni, regioni), la liberalizzazione degli interventi in area sismica di minor rilevanza, il silenzio assenso per le autorizzazioni ambientali e paesaggistiche». Diversamente da quanto annunciato dal governo Conte, non ci sarà una accelerazione nei tempi della ricostruzione a causa dell’ampliamento dei casi in cui si potrà ricorrere al massimo ribasso, con i Comuni che potrebbero sostituirsi per l’erogazione del contributo agli uffici speciali per la ricostruzione, rendendo molto più incerti i controlli che subordinano i contributi al lavoro regolare e sicuro, con il superamento di fatto del tetto agli incarichi professionali. È il ritorno a «una filosofia tutta berlusconiana e liberista del laissez-faire – conclude Genovesi – per cui per fare bene l’unica strada è avere meno controlli, meno trasparenza, meno qualità, meno tutele».
«Il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – ha aggiunto il segretario confederale della Cisl Andrea Cuccello – mette pesantemente mano a normative e rivisita norme importanti del Codice Appalti che sembrano avere lo scopo più di aggirare le norme che non affrontare una seria politica di investimenti e di controllo sulla spesa. Questo è un attacco alle condizioni dei lavoratori che operano negli appalti siano essi delle costruzioni, dei servizi, dell’igiene ambientale e delle forniture». La Cisl denuncia l’affidamento diretto dei lavori e il ritorno al massimo ribasso, invece dell’offerta economicamente più vantaggiosa, oltre che l’ampliamento della soglia del subappalto dal 30 al 50% e «l’abnorme ricorso alle nomine di commissari straordinari». Esiste anche una norma che permette di appaltare i lavori con il Durc non in regola ma con l’impegno dell’azienda a regolarizzarlo entro il termine dei lavori. «Una scelleratezza che ci riporta indietro agli anni 90 – sostiene Cuccello -. Aumenterà il contenzioso, si riapre la strada al sistema illecito degli appalti, si mettono in difficoltà i lavoratori vittime di un sistema demenziale». Il segretario edili Uil Vito Panzarella parla di un sistema «smantellato» che rischia di non «frenare infiltrazioni mafiose, dumping contrattuale e riduzione di diritti». La risposta dei sindacati sarà la mobilitazione contro il governo.
«Non mi va di dire che è una norma sblocca tangenti, è esagerato – ha detto Raffaele Cantone, presidente dell’autorità anti-corruzione (Anac) a proposito dell’aumento del livello degli appalti affidati previa richiesta di tre preventivi – ma è una norma pericolosa». Lo «Sblocca Cantieri» è inutile per gli appalti sotto i 200mila euro che «non sono mai stati bloccati» dicono dall’autorità e «rischia di non risolvere nulla» per i lavori di importo superiore che sono invece bloccati e lo resteranno anche con il decreto festeggiato ieri dal solitamente entusiasta Toninelli, ministro alle infrastrutture. Il rischio è che le imprese si mettano d’accordo fin da prima della gara. «Così si prefigura una turbativa d’asta a tutti gli effetti» aggiungono dall’Anac.
I cantieri bloccati sono superiori ai 200mila euro e sono stati avviati prima del Codice degli appalti. I problemi sembrano derivare dal fatto che le imprese vincitrici sono fallite per la crisi, mancanza di risorse economiche in corso d’opera o ricorsi amministrativi che obbligano la pubblica amministrazione a fermarsi in autotutela per evitare di rifondere i ricorrenti in caso di sconfitta. Uno degli esempi fatti dall’Anac è la «galleria Pavoncelli» in Irpinia incompiuta sin dal terremoto del 1980.
* Fonte: Roberto Ciccarelli, IL MANIFESTO[1]
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