by Carlo Lania * | 28 Marzo 2019 11:33
Non sapendo come risolvere un problema, in questo caso la gestione degli sbarchi dei migranti salvati al largo della Libia, l’Unione europea fa la cosa che gli riesce più semplice: lo cancella. E’ quanto accaduto con la missione europea Sophia per la quale a Bruxelles è stato deciso un prolungamento di altri sei mesi privandola però delle sue navi, che per una missione navale non è poco. Niente più navi significa mettere fine alle operazioni di ricerca e salvataggio e, quindi, agli sbarchi.
L’intesa è stata raggiunta martedì sera in seno al Comitato politico di sicurezza (Cops), dal quale la missione dipende, e ha ricevuto ieri il via libera da parte dei governi. Si tratta chiaramente di un compromesso che mette in luce ancora l’incapacità dei 28 nel trovare, dopo mesi di trattative, un accordo comune sulla distribuzione dei profughi. La proroga di sei mesi consente inoltre ai governi di scavalcare le elezioni europee di maggio senza temere conseguenze da parte degli elettori. A sorvegliare quanto accade nel Mediterraneo centrale, dal 2015 teatro operativo della missione, restano così quindi solo cinque aerei e un drone, mentre è previsto che proseguirà l’addestramento della Guardia costiera libica.
Formalmente la decisione diventerà operativa con la prossima riunione del Consiglio europeo, ma non è escluso che con una procedura l’urgenza, e senza bisogno di riunire i leader europei, già la prossima settimana lo stop alle navi possa diventare operativo. L’ipotesi di una proroga della missione così com’è stata fino a oggi, mantenendo quindi l’impiego della navi, era stata avanzata nei giorni scorsi da Francia e Germania, ma sarebbe stata respinta dal governo italiano. Dopo la decisione di ieri il futuro della missione si fa sempre più incerto, al punto da non escludere una sua chiusura definitiva.
Nata inizialmente con lo scopo di contrastare i trafficanti di uomini Sophia, come poi è stata ribattezza la missione, col tempo ha allargato le sue competenze anche grazie a una mandato dell’Onu che l’impegna al controllo dell’embargo di armi alla Libia e – solo per quanto riguarda la raccolta di informazioni, il contrasto al contrabbando di idrocarburi. Attività che continueranno con l’utilizzo degli aerei, anche se rallentate dall’assenza della navi. Ma a mancare sarà soprattutto l’attività di ricerca e soccorso dei migranti che in quattro anni di attività ha permesso di salvare 45 mila uomini, donne e bambini, il 9% del totale dei migranti tratti in salvo nello stesso arco temporale.
Proprio per questo la decisione di una missione Sophia senza più le sue navi solleva numerose perplessità tra gli addetti ai lavori, a partire dalla stessa Commissione europea: «Sophia è una missione navale, prenderemo delle misure per ridurre le conseguenze, ma è chiaro che senza gli assetti navali non sarà in grado di adempiere pienamente al suo mandato», ha commentato ieri una portavoce della commissione. Per il direttore del Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), il prefetto Mario Morcone, senza più navi la missione «è un non senso». «L’ennesimo arretramento sulla ricerca e il soccorso in mare – ha proseguito Morcone -. L’unica conseguenza è che aumenterà ancora il numero delle vite umane perse in mare e sarà compromessa la sicurezza della navigazione nel Mediterraneo centrale». Preoccupata per quanto potrà accadere ai migrati a partire dal prossimo futuro si è detta anche la co-presidente dei Verdi europei, la tedesca Ska Keller, che ha invitato gli Stati membri a «non cedere ai populisti di destra in Italia» continuando i salvataggi.
* Fonte: Carlo Lania, IL MANIFESTO[1]
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