Fridays for Future, l’onda d’urto che vuole cambiare il sistema alle radici
L’onda d’urto degli studenti in marcia contro l’irresponsabilità delle classi dirigenti di tutto il mondo ieri ha dato la prima prova della sua forza, ma è solo al suo inizio. Per capire gli sconvolgimenti che è destinata a provocare nell’establishment basta forse il quotidiano Repubblica; fino a tre giorni fa riempiva le prime pagine con titoli di scatola e foto smisurate a sostegno del Tav Torino-Lione, come se da esso dipendessero le sorti, se non del pianeta, certamente del paese; da tre giorni fa altrettanto con la marcia per il clima Friday for Future e il suo simbolo, Greta Thunberg.
Forse conta di assorbirne lo spirito di rivolta con qualche pacca simbolica sulle spalle di “tanti bravi giovani”, per riprendere, passata la tempesta, l’amata battaglia pro Grandi opere. Così la pensa sicuramente il neosegretario del Pd Zingaretti, che ha dedicato la sua vittoria a Greta e poi è andato a complimentarsi con quelli del cantiere del Tav; prova, per lo meno, di dissociazione mentale. D’altronde la schiera dei camaleonti che faranno finta di salire sul carro di Greta sarà un vero esercito. Ma non riusciranno a prendere in giro questi ragazzi come hanno fatto per anni con i loro genitori. “Forse non ci hanno capiti”.
Quello che Greta Thunberg, e con lei milioni di studenti – e non solo studenti, e non solo giovani – esigono non è certo “una passeggiata”. Metterà a dura prova, ed è destinata a sbaraccare, tutte le “classi dirigenti” del pianeta: politici, capi d’azienda, banchieri, accademici, generali e bon vivants.
Lasciare sottoterra tutti i giacimenti di fossili non ancora sfruttati e ridurre rapidamente a zero i prelievi da quelli operativi: niente Tap e Eastmed; niente nuove trivelle e rinnovo delle concessioni scadute. Incentivi finanziari, ma soprattutto sostegno normativo e organizzativo, alle fonti rinnovabili, alle comunità energetiche, all’efficienza in tutte le utenze, alla riduzione dei consumi superflui.
Riorganizzazione radicale della mobilità: potenziamento del trasporto di massa e a domanda, soppressione in tempi rapidi della “vacca sacra” (Mumford) delle nostre società: l’accoppiata auto-petrolio. Ma il passaggio all’elettrico non basta. L’auto privata non è solo un veicolo; è un sistema che esige la moltiplicazione di strade, parcheggi e congestione; e che alimenta consumi, dispersione (sprawl) urbana e grandi centri commerciali a spese della vita di vicinato. Abbandonarlo per una mobilità flessibile e condivisa richiede cambiamenti radicali degli stili di vita che non possono essere imposti: devono venir resi accettabili con politiche ad hoc nel trasporto pubblico, in campo commerciale, nell’edilizia.
Trasformare completamente, da domani, agricoltura e alimentazione. L’agricoltura industriale consuma dieci calorie di origine fossile per ogni caloria degli alimenti prodotti; avvelena il suolo, ne fa un deserto privo di vita; richiede dosi crescenti di fertilizzanti sintetici, di pesticidi, di erbicidi, di acqua da avvelenare rendendola inutilizzabile; e attraverso piante e animali nutriti così avvelena anche gli esseri umani. Un’alimentazione ricca di carni, poi, richiede allevamenti che danneggiano salute e ambiente, impiegano quantità insostenibili di suolo, acqua, energia.
L’agricoltura che frena i cambiamenti climatici è biologica, multicolturale, multifunzionale (oltre agli alimenti, produce energia, educazione, svago e tutela l’ambiente), di piccole aziende e di prossimità. Può creare legami tra chi produce e chi consuma (Gas o community farming) riproducibili anche in altri campi (lavorazione degli alimenti, energia, trasporto, edilizia e persino nell’industria) e dar lavoro a migliaia e migliaia di giovani acculturati che già oggi tentano un ritorno alla campagna con un grande bagaglio di conoscenze scientifiche. Il suolo vivo assorbe carbonio, più degli alberi.
Quello sterilizzato dalla chimica diventa polvere, dilava e scompare per sempre. La senatrice Cattaneo sta guidando una lotta a fondo contro l’agricoltura biologica accomunandola alla stregoneria. E’ ora di spiegare che le pratiche che si oppongono alla manomissione della natura sono il futuro.
Porre fine alla produzione e al commercio di armi: la nostra principale industria, Leonardo, vive solo di questo. Le armi generano guerre, lutti, miseria e profughi; ma generano anche quantità enormi di CO2, che non rientrano nemmeno nel computo delle emissioni misurate per sventare la catastrofe climatica.
Dimenticare il Tav Torino-Lione: la Grande opera più ridicola (insieme ai suoi sponsor, da Meloni-Salvini a Zingaretti-Calenda-Speranza) mai concepita: un cantiere che produrrà più CO2 dell’improbabile riduzione futura basata su previsioni infondate e ipotesi fantasiose. E con il Tav, dimenticare tutte le altre Grandi opere, dalle nuove autostrade alla riapertura dei Navigli di Milano ridotti a rigagnoli. Ma a far danno, a portarci nel baratro, ci sono anche i Grandi eventi: dopo l’Expo, le Olimpiadi; e chi più ne ha più ne metta.
Largo ai giovani, allora: quelli che si riconoscono non solo dall’età, ma soprattutto dal desiderio di salvare il mondo. Cambiandolo alle radici.
* Fonte: Guido Viale, IL MANIFESTO
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