Dossier di Legambiente: la «nuova terra dei fuochi» è il Triveneto
PADOVA. In quello stesso Triveneto dove ancora si sente dire «qui la mafia non esiste» molte teste si sono alzate per mostrare a tutti che le narrazioni fiabesche sulla legalità e sulla sicurezza di regioni come Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino sono, per l’appunto, narrazioni fiabesche. Alle frasi rassicuranti di un Nordest libero dalla mafia, spesso colpevolmente riprese dagli amministratori locali, si oppongono le parole di poche settimane fa del Procuratore della Repubblica di Vicenza Antonino Cappelleri che, commentando il ritrovamento di novecento tonnellate di rifiuti tossici provenienti dalla Campania in un capannone abbandonato ad Asigliano Veneto, ha detto: «Ho il timore che questa provincia stia diventando il magazzino delle mafie».
Le diverse mafie presenti nel Triveneto operano nell’ombra senza quella violenza che, anche solo nell’immaginario comune, le contraddistingue. In questi territori le mafie si sono lentamente imposte come operatrici di mercato, prosperando in quella sempre più larga linea d’ombra tra legalità ed illegalità. Regioni dove il fenomeno mafioso è drammaticamente poco percepito e che costituiscono il motore economico dell’Italia rendono particolarmente ampio il ventaglio di opportunità per le diverse cosche.
IL RECENTE DOSSIER di Libera, dal titolo «Passaggio a Nordest», ci parla di migliaia di operazioni antidroga e centinaia di beni confiscati solo nell’ultimo anno, ma sono proprio le attività più incuneate nell’economia legale che preoccupano. Numerose operazioni della Direzione distrettuale antimafia veneta, le ultime poche settimane fa, hanno dimostrato come l’attività mafiosa ormai stia conquistando la gestione di appalti pubblici, soprattutto quelli riguardanti lo smaltimento dei rifiuti, e stia intrecciando rapporti sempre più fitti con il tessuto imprenditoriale del Nordest.
SE DA UNA PARTE I GIORNALI locali si riempiono sempre più dei racconti delle denunce degli imprenditori o di gravissimi reati ambientali, dall’altra si assiste ad una sostanziale passività delle amministrazioni locali. Solo un mese fa, l’assessore all’ambiente della Regione Veneto Gianpaolo Bottaccin, rispondendo a chi ormai chiama il Veneto «la seconda terra dei fuochi», ha detto: «Le dichiarazioni con cui si vorrebbe far apparire il Veneto come una delle realtà tra le più critiche in Italia sono del tutto fuorvianti». Eppure il Rapporto sulle Ecomafie di Legambiente 2018 parla di migliaia di tonnellate di rifiuti, spesso tossici, stoccati illegalmente in capannoni più o meno abbandonati, dati alle fiamme o nascosti sotto le strade. Si parla di materiali tossici sotto l’asfalto della Valdastico Sud, rifiuti pericolosi interrati nel parcheggio P5 dell’aeroporto di Venezia e di migliaia di tonnellate di sostanze velenose disperse nelle campagne del Polesine. Il fatturato delle ecomafie a livello nazionale è stimato essere di oltre 14 miliardi di euro e non deve sorprendere che proprio dove gli occhi dell’opinione pubblica sono più chiusi vengano scaricati di nascosto innumerevoli camion di spazzatura.
I NUMERI DI LIBERA e Legambiente, però, ci parlano di un Nordest che, forse troppo, silenziosamente reagisce. Il numero di azioni investigative e di denunce tanto spaventa quanto conforta, dimostrando che lo Stato e i cittadini stanno lentamente prendendo coscienza di un male che riguarda tutti.
La mafia, come una gangrena, si è estesa in tutto il paese e da qui verso l’estero. Per questo nessun cittadino, elettore o eletto, può concedersi il lusso di sentirsi al sicuro da una criminalità parassita di vite, attività e ambiente. La criminalità organizzata prospera sull’omertà, sul silenzio e sulla paura.
È DUNQUE A PARTIRE da manifestazioni come quella di ieri che deve costruirsi una consapevolezza che le ricerche demografiche ci presentano ancora troppo ristretta in queste zone. La narrazione della mafia come di un fenomeno esclusivamente meridionale o di un fenomeno necessariamente palpabile nel quotidiano è superata ed è solo spingendo le persone ad osservare il proprio territorio e a denunciare che la lotta potrà crescere e vincere.
* Fonte: Nicolò Boschetti, IL MANIFESTO
Immagine di Tomasz Pro di Pixabay
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