by Michele Giorgio * | 22 Marzo 2019 10:37
GERUSALEMME. «Dopo 52 anni è tempo per gli Stati uniti di riconoscere pienamente la sovranità d’Israele sulle Alture del Golan, che è strategicamente cruciale e importante per la sicurezza dello Stato d’Israele e la stabilità regionale». Con queste parole ieri Donald Trump ha annunciato l’intenzione di muovere al più presto un altro passo unilaterale contrario al diritto internazionale e alle risoluzioni delle Nazioni unite. Passo simile a quello fatto il 6 dicembre 2017 quando il presidente americano annunciò il riconoscimento Usa di Gerusalemme come capitale d’Israele. E che come allora potrebbe scatenare forti reazioni. E non solo da parte della Siria che ha sempre ribadito, anche di recente, di non aver alcuna intenzione di riprendere questa porzione strategica del suo territorio, anche a costo di dover usare la forza. Mosca alleata di Damasco ha già espresso la sua ferma opposizione, per quanto riguarda il futuro assetto della Siria, a «mosse unilaterali» sul Golan. L’Iran, anch’esso partner strategico della Siria, ieri sera non aveva ancora commentato la decisione del nemico Trump.
Colmo di gioia Benyamin Netanyahu ha telefonato e ringraziato Trump. Quindi ha lodato il «coraggio» del presidente americano «in un momento in cui l’Iran cerca di usare la Siria come piattaforma per distruggere Israele il presidente Trump riconosce coraggiosamente la sovranità d’Israele sulle Alture del Golan. Grazie presidente Trump». La mossa definitiva dovrebbe arrivare la prossima settimana durante l’incontro che Trump avrà alla Casa Bianca con il primo ministro israeliano. Lo Stato ebraico si è annesso unilateralmente il Golan, con una legge ad hoc votata dalla Knesset nel 1981, senza raccogliere l’approvazione di altri paesi, inclusi gli Usa. In quell’occasione la popolazione siriana sotto occupazione nel Golan, formata in prevalenza da drusi, boicottò per mesi il passo israeliano.
Alla Casa Bianca hanno rivolto il loro applauso di approvazione i rappresentanti delle colonie sul Golan, inclusi alcuni kibbutz, e numerosi esponenti politici israeliani. Festeggiano quelli del partito di maggioranza relativa Likud, dato indietro nei sondaggi elettorali rispetto alla lista centrista “Blu e bianco”. Il riconoscimento Usa è oro che cola per il suo leader Netanyahu in vista del voto del 9 aprile. Non è un mistero, al di là delle smentite, che l’Amministrazione Trump sia impegnata dare una mano a Netanyahu che dopo 10 anni rischia di perdere le elezioni e di dover affrontare un processo per corruzione.
La notizia del gesto americano girava già da qualche giorno. La scorsa settimana il Dipartimento di Stato ha smesso di definire la Cisgiordania, Gaza e le Alture del Golan «territori occupati», prendendo le distanze dal diritto internazionale. Le Alture per gli Usa ora sono «controllate da Israele» rispetto alla precedente dicitura «occupate da Israele» mentre per i territori palestinesi non sono stati usati i termini «occupati» «sotto occupazione». Da parte sua mercoledì, ricevendo il segretario di Stato Mike Pompeo, Netanyahu aveva chiesto con forza alla comunità internazionale di riconoscere l’annessione israeliana del Golan. Naturalmente era già al corrente della dichiarazione che Trump ha fatto ieri.
* Fonte: Michele Giorgio, IL MANIFESTO[1]
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