Destre in soccorso per salvare Salvini. Oggi il voto sulla Diciotti

by Andrea Fabozzi * | 20 Marzo 2019 8:53

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Oggi il voto dell’aula del senato sull’autorizzazione a procedere contro il ministro (che ieri non si è presentato per il dibattito). Ci sarà anche Conte

Il senato ha cominciato a occuparsi di lui ieri sera, ma Matteo Salvini, ministro dell’interno e senatore, non era in aula. Compariva soltanto su twitter, in maniera persino più frenetica del solito, per cercare di spacciare come un successo lo sbarco a Lampedusa dei migranti della nave Mare Jonio. Aveva detto che non avrebbero «messo piede» in Italia. Ma oggi è per un’altra vicenda che verrà valutato dal senato e certamente salvato grazie al voto convergente della maggioranza e delle opposizioni di destra; Salvini eviterà il processo per il sequestro dei 177 migranti a bordo della nave Diciotti nell’agosto dell’anno scorso.

Lega e 5 Stelle voteranno per salvare il ministro che dopo una breve spavalderia iniziale – «processatemi» – ha capito che le argomentazioni del tribunale dei ministri di Catania sono fondate e per lui pericolose. I 5 Stelle con qualche titubanza, Di Maio ha scaricato la responsabilità sulla scelta degli iscritti che a febbraio si sono espressi sulla piattaforma Rousseau al 59% in favore di Salvini – hanno votato in 52mila, cioè la duecentesima parte degli elettori grillini alle politiche. Il capogruppo dei senatori Patuanelli ha avvertito che chiunque non voterà per Salvini sarà differito ai probiviri. La minaccia testimonia quanto sia diffuso il malumore nel gruppo, anche se solo due senatrici, Nugnes e Fattori, hanno lasciato intendere di voler dare l’autorizzazione a procedere. Ai titubanti non dovrebbe bastare nemmeno saltare il voto assentandosi, senza autorizzazione. Voto che è previsto per le 13 ma che in questo (rarissimo) caso resterà aperto fino alla fine della seduta. E così il risultato si conoscerà ufficialmente solo alle 19.

Ieri sera il capogruppo del Pd Marcucci ha chiesto la presenza di Salvini in aula e ha annunciato l’intenzione di tutti i componenti del gruppo di intervenire. Emma Bonino ha definito «indecente» la scelta di Salvini di non presentarsi. Il ministro ci sarà certamente oggi e anzi interverrà per difendersi. E ci sarà anche Conte, che deve mantenere in piedi la storia della «condivisione» di governo della decisione di Salvini di non far sbarcare i migranti – per dieci giorni dal momento del salvataggio e cinque dal momento dell’attracco a Catania. La superiorità dei favorevoli a Salvini toglie ogni suspense sull’esito, giallobruni sommati a Forza Italia e Fratelli d’Italia controllano i quattro quinti dell’aula. È la stessa maggioranza già vista all’opera sul decreto sicurezza e prossima a ripetersi sulla legittima difesa.

Per la relazione di Gasparri, intervenuto ieri in aula in apertura di dibattito, il senato deve confermare la scelta della giunta di non autorizzare il tribunale dei ministri. La decisione di Salvini di non autorizzare lo sbarco fu presa «nell’esercizio delle funzioni di governo» per un «preminente interesse pubblico», così realizzando una delle esimenti previste dalla legge costituzionale del 1989 che disciplina il procedimento per i reati ministeriali. Gli argomenti sono in sintesi quattro e tutti e quattro parecchio zoppicanti. La decisione di Salvini va considerata una scelta collegiale del governo, malgrado all’epoca dei fatti qualche ministro (difesa, trasporti) si espresse in senso contrario e non fu mai riunito il consiglio dei ministri. Collegiale perché Conte nelle sue dichiarazioni programmatiche (a giugno) aveva delineato una linea compatibile di contrasto all’immigrazione. E poi l’interesse pubblico consisterebbe nel tenere in piedi la controversia con Malta e nel tentativo di dare una regolamentazione più rigorosa della gestione dei flussi. Infine con il sequestro non sarebbero stati compressi diritti fondamentali «incomprimibili» come la vita o la salute.

Nella relazione di Gasparri c’è anche un argomento a contrario davvero notevole: quella del ministro non sarebbe stata una mossa «politico-partitica» perché Conte la condivideva e dunque non offriva alla Lega la possibilità di differenziarsi.
I relatori di minoranza hanno avvertito il rischio di un precedente pericoloso, che «consentirà ai ministri in futuro di giustificare azioni simili o peggiori» (Grasso. Leu). Negando l’autorizzazione a procedere contro Salvini il senato aprirà la porta a «una concezione del potere svincolata dal principio di responsabilità, facendo coincidere l’interesse del governo con l’interesse pubblico» (De Falco, ex 5 Stelle).

* Fonte: Andrea Fabozzi, IL MANIFESTO[1]

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