by Massimo Franchi * | 14 Marzo 2019 8:49
Cgil, Cisl, Uil e Confindustria chiedono di «preservare i contratti nazionali applicandoli erga omnes a tutti». Landini: positivo il dialogo prima di prendere decisioni senza consenso sarà mobilitazione
Non avendo fatto toccare palla ai sindacati sui provvedimenti più importanti – Reddito di cittadinanza e Quota 100 col decreto in conversione in parlamento – il governo ora improvvisamente si ricorda di loro promettendo dialogo sociale per il futuro.
Dopo un buon lustro di disintermediazione inaugurata da Renzi, basta questo per far contenti i sindacati, con sfumature diverse, che rivendicano il cambio di atteggiamento dopo aver riempito piazza San Giovanni il 9 febbraio.
OGGI DOVREBBE ESSERE FISSATA la data del primo incontro a palazzo Chigi che riguarderà l’ormai fantomatico «decreto sblocca cantieri», poi toccherà all’ancora più fantasmagorico «decreto crescita».
Ma il vero piatto forte è il salario minimo sul quale Di Maio – che non è sceso in sala stampa affidando le sue parole solo ad una nota – ha sostenuto che «alcune sigle sindacali (al tavolo non c’erano solo i confederali ma anche Usb e Ugl, ndr) hanno mostrato apertura sul tema» precisando comunque che il governo «non vuole superare la contrattazione sindacale».
L’ARGOMENTO È CERTAMENTE il più delicato perché i sindacati – e Confindustria che i confederali hanno incontrato dopo il tavolo con Di Maio – sono contrari alla sua introduzione perché mette a rischio i contratti nazionali: «Le imprese sarebbero incentivate ad uscire dai contratti nazionali e a pagare i propri dipendenti con il salario minimo più favorevole economicamente rispetto al salario totale che viene normato negli accordi, favorendo anche il nero», spiegano Cgil, Cisl e Uil. Assieme a Confindustria la linea comune decisa è quella che «il sistema contrattuale deve essere preservato dando applicazione erga omnes – e dunque a tutti i lavoratori – ai contratti nazionali».
TORNANDO AGLI IMPEGNI di confronto promessi da Di Maio, sul più lungo periodo partiranno tavoli «tecnico-politici» sul salario minimo, sulla previdenza, fisco e autonomia differenziata e mezzogiorno. E l’obiettivo è addirittura trovare accordo e consenso sulla prossima legge di bilancio.
Rimane comunque il «deciso cambio di passo da parte del governo» che Cgil, Cisl e Uil portano a casa con soddisfazione. «Siamo di fronte ad una novità: l’apertura di un confronto sulle nostre proposte anche se non c’è alcuna certezza sui risultati», esordisce il segretario generale della Cgil Maurizio Landini per la prima volta ad un confronto col governo sulle politiche economiche. «Abbiamo chiesto anche un cambio di metodo: il confronto deve avvenire prima che si prendano le decisioni, poi ci può essere consenso o meno, ma se non c’è ognuno può prendere la propria strada», evocando la mobilitazione. Una mobilitazione che infatti viene «confermata» per venerdì quando ci sarà lo sciopero generale e manifestazione nazionale a piazza del Popolo dei lavoratori edili. Landini poi ha chiesto un confronto urgente sull’articolo 177 del codice appalti che prevede la possibile esternalizzazione dell’80 per cento dei servizi delle municipalizzate.
COME DA CONCEZIONE storica, la più contenta per l’apertura del governo è la Cisl. «Capitoli centrali per il futuro del paese, questi, e speriamo che sia la volta buona per passare dagli annunci alle trattative serie. Oggi comunque partiamo con il piede giusto», spiega la segretaria generale Annamaria Furlan che sui tavoli futuri mette anche altri due temi: previdenza e autonomia differenziata.
Anche la Uil giudica positivamente l’incontro: «Siamo pronti ad un confronto sereno e quanto alle conclusioni le valuteremo ad ogni step», conclude Barbagallo che torna alla carica anche sugli emendamenti al decreto Quota 100: «Su esodati (presenti sotto il ministero, ndr) e donne il sottosegretario Durigon si era preso degli impegni ma non se n’è fatto niente. C’è ancora tempo e speriamo che Di Maio si convinca ad ascoltarci anche su questo».
L’UNIONE SINDACALE DI BASE per la prima volta al tavolo insieme ai confederali si dice invece «favorevole in linea generale all’introduzione del salario minimo, ma non attraverso il riconoscimento erga omnes dei contratti firmati solo da Cgil Cisl e Uil», spiega il segretario generale Pierpaolo Leonardi. L’Usb «ha ricordato l’importanza di introdurre una legge sulla rappresentanza che superi le pulsioni monopolistiche dei sindacati concertativi».
* Fonte: Massimo Franchi, IL MANIFESTO[1]
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