by Alberto Negri * | 3 Febbraio 2019 16:59
È stata una magnifica settimana americana. Soprattutto «in mano agli americani», tra Afghanistan, Venezuela e un prepotente ritorno di guerra fredda. Quando non sai più che fare si torna al vecchio classico del Dottor Stranamore che moltiplica la paura con una nuova corsa agli armamenti per giustificare bilanci della difesa sempre più salati.
Ma come è noto, la politica in Usa è soltanto la parte di intrattenimento del complesso militar-industriale e Putin ieri ha reagito con la sospensione della partecipazione anche della Russia al trattato anti-missili, pur rifiutando l’ipotesi di una escalation nucleare. Prima c’è stato l’annuncio della tregua possibile con i talebani e un futuro ritiro dall’Afghanistan, quindi sono arrivate le pressioni sull’Europa per riconoscere a Caracas come presidente Guaidó e infine il ritiro Usa dal trattato sui missili nucleari intermedi (Inf). Gli Stati uniti ci hanno così servito un menù da Masterchef della storia mondiale. Il tutto in attesa della prossima puntata, il vertice anti-Iran in Polonia.
In Afghanistan gli Stati uniti hanno messo fine alla guerra al terrorismo iniziata l’11 settembre 2001 dopo gli attentati di Al Qaeda a New York e Washington. Erano più di 17 anni fa quando cominciò la più lunga guerra della storia americana, seguita nel 2003 dall’invasione dell’Iraq, dall’attacco alla Libia di Gheddafi nel 2011 con Francia e Gran Bretagna, dal coinvolgimento diretto in Siria, da dove Trump vorrebbe andarsene. Un colpo di scena geniale: la guerra al terrorismo islamista è stata sostituita da Maduro che secondo il consigliere della sicurezza nazionale John Bolton potrebbe finire a Guantanamo insieme a Khaled Sheikh Mohammed, uno dei padrini di Al Qaeda.
In poche parole gli Stati uniti ci stanno dicendo che hanno più o meno sbagliato tutto ma che dobbiamo stare zitti e impegnarci nella nuova guerra fredda contro la Russia che mantenendo al potere Bashar Assad (e annettendosi anche la Crimea) ha fatto saltare il piano di destabilizzazione mediorientale voluto dall’ex segretario di Stato Usa, la signora Hillary Clinton, dalla Turchia, da Israele e dalle monarchie del Golfo, con l’attivo sostegno di Francia e Gran Bretagna. Se Assad fosse caduto sarebbe stato un duro colpo alla presenza militare di Mosca nella regione e al prestigio dell’Iran, che ha esteso la sua influenza dall’Iraq, alla Siria al Libano. È accaduto il contrario: adesso anche Assad sarà riaccolto nel mondo arabo che lo detestava.
Anzi Assad, nonostante la ferrea alleanza con Teheran, sta dalla parte giusta nella lotta ai Fratelli Musulmani voluta da Egitto e Arabia Saudita. È della partita anche il generale libico Khalifa Haftar, sostenuto da Russia, Egitto, Francia, Emirati, che si oppone al governo di Tripoli appoggiato dai Fratelli, dal Qatar e dalla Turchia. Prima o poi anche per l’inutile governo Sarraj suonerà la campana dell’ultimo giro, un esecutivo riconosciuto dall’Onu ma che non rispetta alcuna regola internazionale e al quale l’Italia si è adeguata con una tragica assenza di lungimiranza.
Per la verità, al momento, non si vede ancora un segnale di ritiro concreto degli Stati uniti, né dall’Afghanistan né dalla Siria dove la Russia guida le danze nel Nord del Paese, con Putin che taglia sottili e complicate fette di torta con cui dividere le zone di influenza tra Turchia, Siria e curdi.
In poche parole i talebani, considerati dagli Usa i peggiori terroristi al mondo insieme ad Al Qaeda e all’Isis, verranno riciclati in vista di un ritiro americano che prepara la retrovia afghana a un possibile attacco all’Iran.
Agli europei e in particolare all’Italia non è stato detto nulla se non a fatto compiuto. Ancora una volta gli italiani hanno fatto la figura dei camerieri che da tempo non sanno che fare del loro contingente di 900 uomini a Herat dove hanno perso la vita 54 soldati.
Ma il Paese sfiora il ridicolo quando litiga, oltre che sui profughi, anche sul Venezuela: non contento di essersi fatto bombardare Gheddafi, il suo maggiore alleato, pretende di dire la sua pure lì dove non contiamo nulla. Per una volta abbiamo tirato indietro la mano lasciando gli altri a farsi coinvolgere in uno Stato dove probabilmente saranno i militari a decidere la sorte di un Paese affamato e con il più alto tasso di omicidi dell’America Latina (81 ogni centomila abitanti).
Auguri all’erede di Maduro, perché non basta il bel faccino di Guaidó a tenere insieme posti del genere.
Ma è il Dottor Stranamore che ci detterà l’umore nei prossimi mesi con un tocco di fenomenale tecnologia bellica e spaziale. Con l’affossamento da parte Usa del trattato sui missili balistici (Inf) l’Unione europea ha dato via libera alla possibile installazione di nuovi missili nucleari americani in Europa, Italia compresa.
E su questo punto chiave, come sottolineava ieri sul manifesto Manlio Dinucci, nessuno ha detto niente, dal governo all’opposizione.
Trump ha annunciato che lancerà nello spazio satelliti con sensori e missili per rendere impossibile un attacco nucleare diretto agli Usa: pazienza se noi qui saremo in prima linea. Speriamo di riuscire a distinguere tra i satelliti Usa e gli Ufo degli alieni che secondo i teorici del paleo-contatto sono tra noi da alcuni millenni. La chioma spaziale di Trump può essere già una prova della loro presenza.
* Fonte: Alberto Negri, IL MANIFESTO[1]
Foto: Pixabay CC0 Creative Commons
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