by Alessandra Pigliaru * | 2 Febbraio 2019 10:08
Continuano a scorrere le immagini dell’incontro svoltosi giovedì pomeriggio nell’aula consiliare del primo municipio a Roma. Organizzato dalla Lega sul tema «Famiglia e natalità», aveva come invitato principale il senatore Simone Pillon che – arrivato lì – è stato contestato dalle molte donne presenti – da Non Una Di Meno a Di.Re, dalla Casa internazionale delle donne a Differenza Donna e altre associazioni. Vedendo quei video, che nelle scorse ore hanno fatto il giro della rete, la scena è chiara: le attiviste che tentano di prendere parola per aprire il conflitto politico che il testo del ddl Pillon impone, vengono pubblicamente insultate, strattonate, maltrattate; in un contesto in cui un senatore cerca di spiegare, come si trattasse di un concetto innocuo, gli indiscutibili benefici di questa fantomatica «famiglia italiana» che deve opporsi alla invasione migrante.
Nel mondo colorato dei «buoni sentimenti» di Pillon, mentre sbraita quanto sia giusto e santo propugnare una struttura tradizionale e patriarcale, in quella stessa stanza si consumano alcuni scambi piuttosto indicativi di quale sia la vera temperatura etica, oltre che politica e spirituale, di questa maggioranza di governo. Per primo si alza un uomo che dopo un paio di considerazioni triviali e stizzite, si scaglia contro una delle attiviste che, come unica colpa, ha quella di tenere fra le mani uno striscione. Il paradosso vuole che su quello striscione stia scritto «Giù le mani dalle donne» mentre un uomo sta appunto cercando di colpirla. Nel silenzio di tutti i convenuti al tavolo dell’incontro. In un secondo frammento del video, un altro ospite al tavolo invita le donne a lasciare la sala consiliare, al grido di «Zoccole, andatevene via». Anche qui, nessuno fa niente, compreso il senatore Pillon che – non pago di aver fatto consumare questo ignobile spaccato di violenza – sulla sua bacheca di Facebook ieri chiama le attiviste, spintonate e dileggiate, «nazi-femministe cirinnanti». Canzonandole in ogni modo possibile che, se non fosse finito il tempo dello scherzo e dello sfottò a tutti i costi a cui ampiamente ci abituano alcuni rappresentanti di questo governo, ci sarebbe da seppellirli di risate. Non solo perché Simone Pillon sembra essersi linguisticamente risvegliato dopo una ibernazione centenaria da cui vaneggia di «individualisti che vogliono vivere e morire da soli»; vi è in questa icona impotente del perbenismo una pericolosità sadica tutta interna al testo del ddl su cui in questi mesi si sono espresse professioniste che, dalla materia giuridica a quella intorno al sostegno contro la violenza alle donne, sono state coadiuvate dal lavoro paziente e capillare di altrettante attiviste. Un documento retrogrado, reazionario, specchio piuttosto fedele di quel luogo simbolico mortifero in cui la Lega – di cui Simone Pillon è degno rappresentante – vorrebbe sospingere decenni di libertà femminile. La famiglia italiana è, per Pillon e la Lega, ostaggio del Gender, oltre che delle ong, finanziate dai poteri forti, che hanno portato nel nostro paese un carico di genti arrivate chissà da dove per minacciare il nostro tessuto identitario. Ciò contro cui si deve lottare senza sconti è invece l’idea dell’umano come irrilevante secondo le latitudini che abita, se non sono italiani si possono lasciare pure in mare a concludere la loro sorte di miseria; chissà in quale parte delle sacre scritture si avverte che la sventura dei propri simili è una congiura ai danni del proprio privilegio. Ma il dio personale di Simone Pillon non si limita solo al razzismo metodico, è una divinità ridotta alla meschinità terrena di essere servo del potere di un partito politico, è una entità capricciosa a causa del testosterone di maschio bianco che vorrebbe fondare nuclei famigliari in cui le donne non sono soggetti dotati di autonomia bensì di prostrazione. Continuare a dire che intanto il ddl non passerà non è più sufficiente, bisogna che qualcuno si prenda delle responsabilità politiche davanti a un rancore simile. Che è contro l’umano, lasciato morire in mare. Che è contro donne e bambini quando non si piegano agli istinti proprietari di rabbiosi maschi abbandonati. Che diventano violenti quando si dice loro Adesso basta.
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IL MANIFESTO[2]Foto: Pixabay CC0 Creative Commons
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