Anche dopo lo sciopero Sirti conferma gli 833 licenziamenti

Anche dopo lo sciopero Sirti conferma gli 833 licenziamenti

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Tira dritto Sirti. Il giorno dopo il successo dello sciopero «totale» che in tutta Italia ha bloccato ogni tipo di cantiere e ha portato la vertenza ad avere una visibilità fortissima, l’azienda ha presentato al ministero e ai sindacati la procedura di licenziamento collettivo per 833 dipendenti. Scattano quindi da oggi i 75 giorni per trovare un accordo che li scongiuri.
La proprietà americana, il fondo di investimento Pillarstone che ha il 100% dall’agosto 2016, dunque non batte ciglio e conferma un taglio che equivale ad oltre il 23 per cento del totale della forza lavoro – esattamente 3.600 dipendenti – colpendo lungo tutta la penisola, da Udine a Catania con quasi tutte le regioni coinvolte.
In 25 pagine Sirti prova a ricostruire i motivi che la portano a questa decisione. Sulla storica azienda del settore delle infrastrutture Tlc, famosa per aver realizzato la rete in rame dell’allora Sip e che aveva ancora 17mila dipendenti a fine anni ottanta, pesano certamente «le perduranti incertezze delle strategie industriali dei grandi operatori di Tlc». Ma allo stesso tempo la società rivendica orgogliosa «il raggiungimento degli obiettivi del piano industriale 2016-2020». E così, se è vero che Tim – «il principale cliente di mercato» – «ha fortemente ridotto i suoi programmi di investimento in «ultrabroad band» – la fibra per la banda larga – con un calo del 5 per cento nel 2018», ciò non legittima l’operazione di «diversificazione del business» con un taglio fortissimo sulla «Business Unit Telco Infrastructures», l’unità preposta alla posa dei cavi – con ben 761 licenziamenti su 2.743 dipendenti totali, pari al 28 per cento.
L’interpretazione che vuole Sirti schiacciata dal duello Tim-Open Fiber sulla banda larga non è però condiviso dal sindacato. «Sirti sta procedendo in solitaria con questa durissima procedura di licenziamento», spiega Roberta Turi, segretaria della Fiom Milano, con Rho città sede di Sirti e più colpita dai licenziamenti. «Le altre aziende del settore, seppur più piccole come Site, Alpitel e Sielte, gestiranno il rallentamento degli investimenti Tim con la cassa integrazione ordinaria. Sappiamo che la Assistal (la federazione di Confindustria delle aziende di impiantistica industriale, ndr) ha espresso disappunto per la scelta di Sirti».
Per la Fiom dunque la scelta di Sirti è dettata da ragioni molto più interne. «Pillarstone vuole alleggerire la società in vista di una vendita o di uno spezzatino: l’idea iniziale è partire dalla Business unit Telco della posa cavi semplicemente per subappaltare di più e sostenere di concentrarsi su altre attività, ma nessuna Unit è al riparo dai tagli e dai licenziamenti», prevede Turi.
In vista del primo incontro azienda-sindacati previsto per giovedì 28 alla sede di Assolombarda a Milano i sindacati preparano altre mobilitazioni, forti del successo dello sciopero di giovedì scorso e del blocco di ogni straordinario. «Quella della Sirti è la seconda vertenza sindacale in Italia per numero di addetti coinvolti, serve l’intervento del governo, non può certo stare a guardare», attacca la Fim Cisl.

* Fonte: Massimo Franchi, IL MANIFESTO



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