Wokfare gialloverde: in cambio del sussidio, famiglie sorvegliate (e punite)
Dovranno rispettare l’obbligo di lavoro gratuito, la formazione obbligatoria. Mentre si parla di spostamenti fino a 500 km, obbligatori per disoccupati oltre i 12 mesi, obbligati ad accettare un’offerta di lavoro su tre. Il decreto sul sussidio simbolo del governo Lega-Cinque Stelle è atteso entro 14 giorni insieme alla «Quota 100»
Tutta la famiglia dei percettori del sussidio di povertà chiamato impropriamente «reddito di cittadinanza» sarà sorvegliata dallo Stato affinché i titolari rispettino l’obbligo di lavorare gratuitamente otto ore a settimana; seguano obbligatoriamente corsi di formazione; non rifiutino tre offerte di lavoro. Stando alle ultime anticipazioni sul decreto che potrebbe essere emanato dal governo nei prossimi 14 giorni, insieme a quello sulle pensioni «quota 100» per non fare scalciare la gamba leghista dell’ircocervo populista, sembra che il disoccupato da sei mesi dovrà accettare almeno un’offerta di lavoro su tre entro 250 chilometri da casa. Se lo è da più di 12 mesi dovrà accettare di emigrare anche a 500 chilometri di distanza. Chi accetterà queste condizioni, e per un periodo di massimo 18 mesi (rinnovabili dopo un mese di pausa) non potrà condurre altre attività lavorative, «in nero» ad esempio. In questo caso rischierà fino a sei anni di carcere. Potrebbero essere ispezionati i conti correnti – non superiori agli 8 mila euro. I conti non potranno essere azzerati, né l’importo sarà riversabile in un altro dei congiunti perché lo Stato sorveglierà anche loro. Il controllo dovrebbe essere esteso anche alle abitudini di spesa dei beneficiari. Dovranno spendere subito il corrispettivo mensile del sussidio presso esercizi commerciali italiani scelti dal governo. In questo schema è probabile che i più penalizzati saranno i più poveri tra i poveri, coloro che sono esclusi da più tempo dal mercato. In cambio di un beneficio relativamente più grande, dovranno accettare di spostarsi fino a 500 chilometri e ed essere sorvegliati. Ai poveri sarà così imposta una logica sacrificale, in un clima di crescente sospetto (sono o non sono evasori o approfittatori?), da una delle politiche attive del lavoro più punitive adottate in Europa negli ultimi anni.
IL GOVERNO COATTO dei «poveri assoluti» partirà ad aprile, insieme alle pensioni. Dopo il secondo giorno del mese, perché il primo è stato escluso dal vicepremier Di Maio per evitare facili ironie. Un calcolo elettorale evidente in vista delle elezioni europee di maggio. Chi farà richiesta del sussidio potrà goderne già dal mese successivo. Saranno previsti due i «canali». Per i «poveri assoluti» è stato annunciato un «patto di inclusione sociale». Per coloro che risultano anche disoccupati ci sarà un «patto per il lavoro». In entrambi i casi si parla di esclusi dal mercato del lavoro (o che non hanno mai partecipato) con un reddito Isee inferiore ai 9.360 euro annui e un reddito familiare non superiore ai 6mila euro per un single, fino a un massimo di 12.600 euro per un nucleo familiare. Sarà fissato un tetto a 30mila euro per il patrimonio mobiliare. In famiglia non dovranno risultare intestatari di auto immatricolate nei sei mesi precedenti la domanda, di grossa cilindrata (sopra i 1600 cc), moto sopra i 250 cc e, incredibilmente, barche. Il sussidio non spetterà a chi darà le dimissioni in maniera volontaria, a chi è in carcere o è ricoverato in istituti di cura o strutture residenziali. Questi ultimi sono a carico dello Stato. Per gli altri è lo Stato ad incaricarsi di sottoporli alla nuova disciplina. Saranno inoltre esclusi li stranieri poveri assoluti residenti in Italia da meno di 5 anni. Secondo l’Istat gli stranieri che rientrano in questa categoria sarebbero un terzo degli oltre 5 milioni di «poveri assoluti». Al momento la platea complessiva del sussidio sarebbe di oltre 1 milione e 375mila famiglie.
IN REALTÀ IL «REDDITO» è un incentivo alle assunzioni erogato alle imprese, non diversamente da quanto già previsto dal Jobs Act di Renzi e del Pd, contestato dall’attuale maggioranza. Cinque Stelle e Lega stanno discutendo se l’impresa dovrà ricevere 5-6 mensilità del «reddito ai padroni» oppure tutti i 18 mesi previsti dalla misura. Si potrebbe anche favorire una «competizione» a chi assume il portatore del sussidio più ricco. Il tutto sulle spalle di poveri, precari e disoccupati. Nel fondo di 7,1 miliardi nel 2019, 8 nel 2020 e 8,3 dal 2021, tagliato di 3,5 miliardi per il triennio (e di 1,9 miliardi nel 2019) per evitare la procedura di infrazione di Bruxelles, ci sono anche i fondi per 4 mila assunzioni per i centri per l’impiego e quelli per le «pensioni di cittadinanza» erogata a chi ha più di 65 anni e solo se fa parte di un nucleo familiare tutto di over 65. L’integrazione sarà fino a 780 euro al mese suddiviso in una al reddito fino a 7.560 euro l’anno (630 euro al mese) e una per affitto o mutuo fino a 1.800 euro (150 euro al mese).
* Fonte: Roberto Ciccarelli, IL MANIFESTO
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