by Anna Maria Merlo * | 15 Gennaio 2019 10:24
PARIGI. Nella più grande incertezza sui possibili sbocchi e con una notevole dose di confusione, inizia oggi in Francia il «Grande Dibattito Nazionale», l’atto II di Emmanuel Macron per tentare di spegnere l’incendio dei gilet gialli e di uscire dalla crisi, che fa seguito ai 10-12 miliardi promessi a dicembre, l’Atto I che finora non è servito a riportare la calma. Oggi, sarà il presidente ad aprire le danze, presenziando l’avvio del Dibattito in un piccolo comune della Normandia.
Domenica sera, Macron ha scritto una Lettera ai francesi, 6 pagine dove propone un “nuovo contratto” ai cittadini e cerca di inquadrare la discussione attraverso 35 questioni poste sul tavolo, ammettendo al tempo stesso che il dibattito «non è né un’elezione né un referendum» e che resta aperto a tutti i suggerimenti, con l’obiettivo di «trasformare le collere in soluzioni». Macron promette che «renderà conto direttamente dei risultati nel mese che seguirà la fine dei dibattiti», cioè ad aprile, dopo i due mesi previsti di discussioni. Il dibattito dovrebbe essere articolato su quattro grandi temi: la transizione ecologica; la fiscalità; la riforma dello stato; la democrazia e la cittadinanza. Ma nella Lettera ci sono già delle indicazioni di linea, che sono state accolte da forti critiche dall’opposizione. La protesta dei gilet è iniziata contestando gli aumenti di tasse (sui carburanti). Macron scrive: «Non possiamo proseguire il ribasso delle imposte senza abbassare il livello di spesa pubblica». E chiede: «Quali sono le economie che vi sembrano prioritarie da realizzare», «bisogna sopprimere certi servizi pubblici, sorpassati o troppo cari», o «al contrario vedete nuovi bisogni di servizi pubblici?». Macron esprime delle certezze: «Penso sempre che la disoccupazione sia la nostra grande priorità e che l’occupazione si crea prima di tutto nelle imprese, e che quindi bisogna dar loro i mezzi per svilupparsi».
Ancora più chiaro, ieri, il ministro delle Finanze, Bruno Le Maire: la nuova fiscalità dovrà continuare sulla linea di «meno tasse sul capitale per permettere l’innovazione», carente in Francia in questi anni. Il governo e il presidente, in altri termini, rifiutano di cedere sul simbolo dell’Isf, la patrimoniale che è stata ridotta per i beni immobiliari e tolta per il capitale, anche se i gilet gialli hanno trasformato in ossessione il ritorno di questa tassa (si tratta di circa 4 miliardi).
Sulla transizione ecologica, Macron resta vago, pensa «sempre che l’esaurimento delle risorse naturali e il disordine climatico ci obbligano a rivedere il modello di sviluppo» e afferma che si deve «agire in fretta».
Ma ci sono già levate di scudi, l’organizzazione degli agricoltori Fnsea non vuole saperne della messa al bando del glifosato, per esempio, la Cgt protesta per la prevista chiusura delle centrali a carbone entro il 2022. La proposta di contributi per cambiare le vecchie auto e le vecchie caldaie sembra derisoria rispetto alla sfida.
Sulle possibili riforme dello stato, ieri è insorto il Senato, citato esplicitamente (con il Consiglio economico, sociale e ambientale) come possibile istituzione da riformare. In ballo c’è anche una riforma del modo di scrutinio, con l’introduzione di una dose di proporzionale e l’istituzione di una democrazia più partecipativa.
Nel dibattito, tra la sorpresa generale, Macron ha introdotto anche la questione esplosiva dell’immigrazione, mettendo sul tavolo l’idea di quote annuali.
Grande confusione anche sull’organizzazione pratica del dibattito. C’è una piattaforma Internet (granddebat.fr[1]) e un numero verde. I sindaci sono chiamati alla riscossa, ma non è detto che tutti staranno al gioco, anche se molti hanno già raccolto dei cahiers de doléances dei cittadini. I dibattiti locali rischiano di trasformarsi in risse tra gli abitanti, come si è visto in un incontro che avuto luogo nel fine settimana a Perpignan.
Per pilotare il dibattito, dopo il rifiuto della senatrice Chantal Jouanno, travolta da polemiche sul suo stipendio, sono stai designati due sottosegretari, Sébastien Lecornu e Emmanuelle Wargon, ma su questo secondo nome c’è già un’altra polemica (perché viene dalla direzione della comunicazione di Danone) e comunque a entrambi viene contestata la neutralità. Delle personalità della società civile faranno da “garanti”.
* Fonte: Anna Maria Merlo, IL MANIFESTO[2]
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