by Marco Boccitto * | 12 Gennaio 2019 10:10
La Chiesa intanto si rivolge al Consiglio di sicurezza dell’Onu
Un ricorso alla Corte costituzionale e una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. È il minimo che ci si potesse aspettare il giorno dopo i risultati delle presidenziali svoltesi il 30 dicembre nella Repubblica democratica del Congo. Martin Fayulu, candidato della coalizione Lamuka, arrivato secondo, secondo la Commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni), alle spalle di Felix Tshisekedi, il giorno prima non aveva esitato a parlare di «golpe elettorale» e di un accordo sottobanco tra il presidente uscente Joseph Kabila e il vincitore. Spalleggiato dai dubbi espressi abbastanza brutalmente da Francia e Belgio. E soprattutto dai numeri di cui sarebbe in possesso la Conferenza episcopale, che come gli altri attori in campo aveva i suoi osservatori (circa 40 mila) sparpagliati nei seggi di tutto il paese.
Altro che staccato di 4 punti: Fayulu avrebbe ottenuto il 62% dei suffragi e Tshisekedi solo il 19%.
La differenza rispetto ai dati ufficiali è abissale. Per questo la Chiesa congolese ieri ha chiesto al Consiglio di sicurezza di obbligare la Ceni a pubblicare al più presto i suoi verbali per un confronto. E Fayulu stamattina chiederà il riconteggio delle schede alla Suprema corte, anche se «è composta da persone vicine a Kabila, non vogliamo concedergli alcuna possibilità di accusarci di non aver rispettato la legge» ha detto, chiarendo così anche l’invito a «insorgere» rivolto poco prima ai suoi sostenitori.
Ieri era a Kinshasa nella sede del Mouvement de libération du Congo che fa capo a Jean-Pierre Bemba, uno dei nomi forti confluiti in Lamuka. In quanto ex vice presidente, è anche il pezzo più grosso mai condannato dalla Corte penale internazionale (crimini di guerra in Centrafrica): parzialmente assolto in appello 6 mesi fa, è tornato da eroe dopo i 10 anni passati in cella a L’Aja. Uno dei papabili sfidanti di Kabila, ma incandidabile, così ha spostato il suo bacino di voti su Fayulu. E lo stesso ha fatto Moïse Katumbi, businessman come Fayulu, che ha portato in dote il Katanga di cui è stato governatore.
Per questi e altri sostegni l’outsider Martin Fayulu pensava di avere la vittoria in tasca. Ha cominciato ad agitarsi solo quando a Beni e Butembo, dove i suoi comizi avevano radunato grandi folle, il voto è stato rimandato di tre mesi con la scusa (e che scusa) di Ebola.
È un passaggio comunque storico, dopo i 18 anni che è durato il regno di Kabila. E comunque contestato. Almeno 5 manifestanti sono morti negli scontri scoppiati in diverse città dopo la proclamazione dei risultati. E durante le proteste a Kikwit sarebbero morti anche due agenti. Parallelamente a Kinshasa e a nel sud è continuata la festa dei sostenitori di Tshisekedi.
Le elezioni in Congo-Kinshasa sono iniziate in realtà due anni fa, alla scadenza cioè del secondo mandato di Kabila. A quanto pare però, dopo un’estenuante serie di ostacoli, slittamenti e trattative, non sono ancora finite.
* Fonte:
IL MANIFESTO[1]
photo: Martin Fayulu, by Mclums [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)], from Wikimedia Commons
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