Il governo delle beffe: «Quota 100» peggiora e diventa «Quota 41»
Lavoratori over 60, esodati e pensionandi infuriati; governo senza una linea e in balia dei suoi stessi annunci. Ogni giorno che passa Quota 100 diventa sempre più un’incognita senza soluzione. E da ieri anche Salvini le ha cambiato nome, ribattezzandola Quota 41: «il mio obiettivo finale», ha detto il vicepremier leghista.
Sull’altare della trattativa con la commissione Ue lo scalpo di qualche miliardo di riduzione del deficit per il 2019 sono gli annunci – perché testi veri e propri non ce ne sono mai stati – sulle pensioni.
Quota 100 doveva mandare in pensione addirittura oltre 600mila italiani – ora ogni anno ne vanno circa 200mila – che avessero almeno 62 anni di età e 38 di contributi. Lo slogan «superare la Fornero» previsto nero su bianco nel Contratto di governo veniva tradotto da tutti con un cambiamento strutturale.
Ora si scopre – ma i dubbi erano sorti da tempo – che Quota 100 sarà un provvedimento straordinario che durerà tre anni. Ciò significa che chi non avrà uno dei due requisiti soddisfatto entro il 2021, per andare in pensione dovrà aspettare di avere 41 anni di contributi: dunque almeno altri 3 anni. Una vera beffa per centinaia di migliaia di lavoratori che da anni attendono di andare in pensione e che avevano in gran parte votato e appoggiava Lega e M5s proprio per la promessa di «mettere mano alla riforma più odiata».
In pratica le parole di Salvini – «iniziamo a smontare la Fonero, ma il mio obiettivo è arrivare a Quota 41» e quindi di peggiorare Quota 100 – riducono «il superamento della Fornero» al solo blocco dell’adeguamento all’aspettativa di vita per la sola pensione anticipata – l’ex pensione di anzianità. Per il 2019 ora occorrono 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini. In pratica ci sarebbe un semplice taglio di 10 mesi per le donne e 1 anno e 10 mesi per gli uomini. Un po’ poco per chi voleva cancellare la Fornero.
Lasciando da parte Quota 41 dal 2021, va però spiegato come Quota 100 costerà di meno nel 2019. Rispetto ai 6,7 miliardi ancora presenti in legge di bilancio si punta ad un taglio fino a 1,8 miliardi lavorando sulle finestre – gli spazi temporali in cui chi ha i requisiti andrà realmente in pensione – e la platea.
Sulla prima finestra 2019, Salvini continua a parlare di febbraio ma la proposta dei tecnici del ministero dell’Economia e del Lavoro prevede la prima uscita da aprile. In questo modo chi avrà i requisiti soddisfatti dal primo gennaio dovrà attendere 3 mesi. Peggio andrà ai lavoratori del settore pubblico – che sono buona parte della platea di Quota 100. Per loro ci sarà una norma ad hoc come annunciato dalla ministra Giulia Bongiorno: probabile che possano andare in pensione solo da dicembre. In questo modo la platea potenziale di Quota 100 sarebbe dimezzata.
Autentica bugia invece è la possibilità ventilata da Salvini di usare parte dei 6,7 miliardi delle pensioni «per altre cose, strade, alluvioni» perché in pensione andranno molti meno di quelli che possono visto che Quota 100 è «solo una possibilità». Le regole della Ragioneria prevedono che le risorse debbano esserci per «tutta la platea potenziale».
Ancora da definire invece il limite ai contributi figurativi – quelli che si hanno in caso di cassa integrazione, ammortizzatori sociali, aspettative, maternità – che per il consulente previdenziale della Lega Alberto Brambilla dovrebbero essere ridotti a 2 anni, riducendo ulteriormente la platea penalizzando fortemente le donne che hanno accudito figli e anziani.
Ancora non è stato sciolto nemmeno il nodo riguardante lo strumento da utilizzare per normare Quota 100. A ieri l’ipotesi più gettonata era quella usare un emendamento alla legge di Bilancio alla Camera. Ma non è escluso che il testo – ancora non definitivo – slitti quando la manovra sarà già al Senato. Oppure che, stante i litigi in maggioranza, si opti per un rinvio ad un disegno di legge ad hoc a gennaio. Di certo non sarà un decreto come diceva Di Maio.
* Fonte: Massimo Franchi, IL MANIFESTO
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