by Anna Maria Merlo * | 30 Dicembre 2018 20:29
PARIGI. Una petizione ha raccolto più di un milione e mezzo di firme in cinque giorni, superando ampiamente quella contro l’aumento delle tasse sui carburanti, la scintilla all’origine del movimento dei gilet gialli: è L’Affaire du siècle, un’iniziativa di varie organizzazioni ecologiste, che chiedono una politica attiva per lottare contro il cambiamento climatico e minacciano di sporgere denuncia contro lo stato, che non rispetta gli impegni presi con l’Accordo di Parigi alla Cop21. Emmanuel Macron è di fronte a una nuova sfida, che lo incita a mettere in atto il famoso en même temps, dopo aver detto di aver “capito” le ragioni dei gilet e stanziato 10 miliardi per venire incontro alle loro richieste, adesso deve rispondere alle esigenze di un’altra parte di Francia, che chiede di rispettare il programma presidenziale. Il 2019 non sarà un anno facile. Macron arriva estremamente indebolito.
Nella prima parte del 2018, il giovane presidente era andato avanti a passo di carica: dall’abbandono del progetto di aeroporto a Notre-Dame-des-Landes alla riforma della Sncf (ferrovie), passando per il completamento della contestata Loi Travail, aveva superato le proteste di varie origini. Poi il clima è cambiato, affaire Benalla, dimissioni di due ministri importanti (Nicolas Hulot all’Ecologia e Gérard Collomb agli Interni) e, in ultimo, l’esplosione della rivolta dei gilet gialli, che hanno rivelato un profondo malessere, che può finire strumentalizzato dai suoi avversari.
In agenda, Macron ha ancora molte riforme da attuare, da gennaio entra in vigore il prelievo alla fonte delle imposte (progetto del suo predecessore Hollande, poi confermato), momento delicato che può fomentare ancora la rivolta anti-tasse poiché comporta un ricalcolo di assegni sociali. Poi stando al programma delle presidenziali c’è un’importante riforma delle pensioni e della protezione dalla disoccupazione (mentre la prevista riforma costituzionale è stata per il momento saggiamente messa in stand by). A pochi mesi dalle elezioni europee, anche su questo fronte Macron è indebolito, l’idea di bilancio della zona euro è stata ridimensionata, la Germania è scettica, l’incognita Brexit è paralizzante. Macron ha una sola vera forza: la debolezza propositiva dell’opposizione, unita al rischio di un ripiego nazionalista. In questo contesto, resta uno spazio per il suo progressismo liberal, ma dovrà costruire delle alleanze, con gli ecologisti, con i social-democratici.
* Fonte: Anna Maria Merlo, IL MANIFESTO[1]
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