Le cooperative sociali non sono sempre il luogo di solidarietà che ci immaginiamo. Per vincere al ribasso i bandi delle amministrazioni gli enti a cui i comuni appaltano i servizi giocano molto spesso sul costo del lavoro dei dipendenti, richiedendo prestazioni aggiuntive non retribuite e utilizzando inquadramenti contrattuali impropri. Le società più virtuose, invece, battute dalla concorrenza, finiscono per sparire. La Cgil chiede il rispetto delle normative, l’aumento dei salari e l’abolizione del pagamento a ore se privo della garanzia di uno stipendio. Sono anche necessarie le tutele in caso di cambio d’appalto: è infatti frequente che nel passaggio da una cooperativa all’altra le condizioni di lavoro di molti operatori risultino peggiori.
Quattordici delegati hanno raccontato la loro esperienza; dipingendo un quadro sconfortante.
Tante le storie: dalla dipendente della cooperativa di Mantova, che racconta come il suo capo le abbia chiesto di comunicare con 5 anni d’anticipo l’intenzione di fare un figlio, fino all’assistente domiciliare toscano, che lavora in strada 13 ore al giorno e viene retribuito solo per 4. «Adesso siamo visti come volontari – denuncia Sara Barilli, educatrice nido delegata dell’Emilia Romagna – Questo contratto dovrebbe darci il diritto di essere considerati lavoratori».
«La lotta non si ferma alla semplice contrattazione – sostiene Serena Sorrentino, segretario generale della Fp Cgil – Serve una battaglia politica di lungo periodo che risolva anche il rapporto con le amministrazioni: bisogna fare in modo che il settore della cooperazione non si sposti sempre di più dalle cooperative al settore privato delle imprese sociali». Il rischio è che un impoverimento del servizio offerto dalle cooperative conduca alla loro estinzione, favorendo aziende private a cui accedono solo pochi fortunati.
* Fonte:
IL MANIFESTO[1]