Carta famiglia, bastardate della Lega. Niente bonus né sconti agli stranieri
L’infame day. E ora le regioni potranno spendere i fondi vincolati a garantire l’assistenza sanitaria agli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale. No ai fondi per i figli delle vittime di femminicidi. Carfagna (Forza Italia): “Una bastardata del governo”. Le donne potranno lavorare fino al nono mese di gravidanza. Per la Cgil è “un colpo ai loro diritti e a quelli delle precarie”
Altre misure potrebbero penalizzare i cittadini extracomunitari residenti in Italia dopo il prelievo dell’1,5% (60 milioni di euro) sulle somme inviate all’estero contenuto nel decreto fiscale. La commissione Bilancio alla Camera ha approvato un emendamento alla legge di bilancio che cancella, tra i destinatari della “carta famiglia”, coloro che non sono nati ai paesi dell’Unione europea. La misura è stata introdotta con la legge di stabilità 2016 e permette di accedere ad alcuni sconti su acquisti di beni e servizi, oltre che a riduzione di tariffe.
CON LA MODIFICA PROPOSTA dalla Lega l’aiuto viene concesso solo «alle famiglie costituite da cittadini italiani, appartenenti a Paesi membri dell’Unione europea regolarmente residenti nel territorio italiano con almeno tre figli a carico». Cancellato il riferimento agli «stranieri regolarmente residenti». Rispetto alla norma precedente rimane il vincolo dei tre figli a carico, ma viene alzato il limite di età da 18 a 26 anni. I beneficiari potranno valorizzare la loro partecipazione all’iniziativa «a scopi promozionali e pubblicitari. È stato eliminato il riferimento all’Isee per definire le modalità di rilascio affidate ad un decreto del presidente del Consiglio.
IN QUESTA CORNICE neo-razzista, che richiama l’ispirazione del Dl Sicurezza, si inserisce un altro emendamento alla manovra: dal 2019 le regioni potranno spendere per altri scopi i fondi fino ad oggi vincolati a garantire l’assistenza sanitaria agli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale, quelli destinati alle borse di studio per la medicina generale e per la riqualificazione dell’assistenza sanitaria e dell’attività libero professionale (intramoenia). Queste risorse confluiranno nella quota indistinta del Fondo sanitario nazionale ripartito tra le regioni sulla base dei costi standard. In questo modo la politica leghista colpisce famiglie integrate, che lavorano, pagano tasse e contributi, mentre i loro figli vanno a scuola e nascono in Italia.
QUESTE DECISIONI, sempre che vadano in porto con una legge di bilancio ancora tutta da fare, potrà influenzare anche le norme sul sussidio di povertà detto impropriamente «reddito di cittadinanza». Al momento dovrebbe essere riservato ai cittadini stranieri residenti da almeno 5 anni. Ma per avere una conferma sarà necessario attendere un provvedimento «ad hoc» promesso dopo l’approvazione della manovra, forse tra Natale e Capodanno o anche dopo. «Lega e M5s vogliono fare una distinzione tra famiglie. Ma questo è indecente» ha detto il senatore del Pd Edoardo Patriarca. «I Cinque Stelle sono ormai disponibili ad assecondare ogni azione di stampo discriminatorio, diventando palesemente complici di una deriva razzista» ha aggiunto Elena Carnevali (Pd).
RESPINTA la proposta di destinare 10 milioni di euro per il sostegno delle famiglie che si prendono cura dei bambini che hanno perso la madre vittima di «femminicidio». «Hanno trovato soldi per tutto: consentire ai turisti di fare shopping con 15 mila euro in contanti, far costare meno la birra prodotta nei birrifici artigianali – ha attaccato Mara Carfagna di Forza Italia che ha presentato l’emendamento – ma non sono riusciti a far spuntare 10 milioni di euro per le famiglie che si prendono cura delle migliaia di bambine e bambini che hanno spesso assistito all’assassinio della madre da parte del padre. È una bastardata».
NEL CLIMA SURREALE in cui procedono i lavori del parlamento su una legge di bilancio le cui poste macroeconomiche non sono affatto definitive (la trattativa con l’Ue continua, nel «silenzio operoso» di Conte) da oggi la Camera potrebbe essere chiamata a votare una fiducia anche su un emendamento della Lega che permette, previa autorizzazione del medico, alle future mamme di lavorare fino al nono mese e far slittare i cinque mesi di congedo obbligatorio dopo il parto. Si chiamerà «maternità agile», «alternativa» alla «maternità flessibile» che impone la sospensione del lavoro due mesi prima del parto e nei 3 successivi (oppure 1 mese prima e nei 4 successivi).
«I DIRITTI della madre e del nascituro non si tutelano in questo modo – sostiene Loredana Taddei, responsabile politiche di genere della Cgil – Si mina la libertà delle donne, soprattutto di quelle precarie più esposte ai ricatti del datore di lavoro. La norma sia modificata nel passaggio al Senato».
* Fonte: Roberto Ciccarelli, IL MANIFESTO
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