by Alessandro Pirovano * | 28 Novembre 2018 9:36
GALLARATE. Blitz delle forze dell’ordine nel campo dei sinti italiani di Gallarate per sgomberare e abbattere le case mobili a fianco dell’autostrada verso Varese, dove vivono 24 famiglie. La decisione l’ha presa il sindaco leghista, Andrea Cassani, che già a ottobre si è vantato su Facebook di essere la prima amministrazione in Italia «a sfruttare appieno la direttiva Salvini», annunciando lo sgombero del campo sinti «senza destinare alloggi alternativi ai nomadi». Ieri ha mandato le ruspe. Seguendo le indicazioni della circolare sulle occupazioni, infatti, sono state due le proposte avanzate dall’amministrazione alla novantina di risiedenti nel campo: ricevere 1.000 euro una tantum per ogni minore o accettare un posto letto nelle tende mobili e temporanee allestite dalla Croce Rossa a Gallarate, proposta valida solo per i minori con l’accompagnamento, ma di un unico genitore, o per over gli 65. Per tutti gli altri di via Lazzaretto, invece, non è arrivata nessuna proposta, se non quella di spostare altrove le case mobili con un contributo comunale.
«I sinti sono qui fin dal 2007, grazie a un accordo con l’amministrazione di centro destra di allora» ha spiegato l’avvocato Pietro Romano, «chiedono solo una soluzione dignitosa che non implichi la divisione delle famiglie. Non hanno pretese ma solo la richiesta di un atto di umana pietà con la proroga dell’ultimatum, almeno fino a dopo gennaio».
Il legale non ha esitato a prendersela anche contro «l’odio xenofobo montato ad arte da un leader come Salvini». È stato proprio il ministro degli interni, dieci giorni fa, a complimentarsi con il sindaco leghista con il solito «è finita la pacchia!». «Ma chi la vede la pacchia?» si è chiesto l’avvocato. Al fianco dei sinti si è schierata anche Dijana Pavlovic, portavoce dell’Alleanza Romanì: «A che serve sgomberare questo campo se l’unica alternativa offerta sono delle altre tende?». A suo parere, le proposte finora avanzate dal comune sono inaccettabili: «Sono persone che studiano, lavorano e hanno la residenza a Gallarate e non ci stanno a essere mandate via da questo posto, concesso proprio dal comune nel 2007».
Eventuali soluzioni alternative avrebbero potuto essere studiate e analizzate: «O si sistemava il campo, mettendolo a norma, oppure si poteva aprire un dialogo per la creazione di piccole aree con nuclei famigliari allargati, seguendo quanto previsto dalla Strategia nazionale d’inclusione». Ora invece, lo sgombero e la demolizione delle case mobili sono all’ordine del giorno. «Attualmente a Gallarate non ci sono senza tetto. Se non viene trovata una soluzione, da domani però, si rischia di averne una novantina» sono state le sue parole.
A nulla è servita anche la manifestazione che ha attraversato, una settimana fa, le strade di Gallarate. «Per molti gallaratesi è stata una vera scoperta: non si sapeva neppure della presenza di una comunità sinti in città» ha detto Cinzia che fa parte della rete di cittadini e associazioni, mobilitatisi a fianco dei sinti. «In questi mesi abbiamo chiesto una soluzione condivisa e dignitosa che desse modo ai sinti di mantenere la residenza a Gallarate e di garantire allo stesso tempo la continuità scolastica ai bambini». A suo parere, le risposte date dall’amministrazione Cassani sono insufficienti e non dignitose: «Dare un valore alla vita di un essere umano, mille euro una tantum, è inaccettabile».
* Fonte: Alessandro Pirovano, IL MANIFESTO[1]
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