by Chiara Cruciati * | 7 Novembre 2018 9:58
Medio Oriente. Intanto a Baghdad il parlamento non riesce a scegliere i ministri del nuovo governo
Oltre 200 fosse comuni, 12mila cadaveri: è il «lascito della spietata campagna di terrore e violenza», come la definisce l’Onu, dello Stato Islamico in Iraq. A dare i numeri del massacro islamista è stato ieri il rapporto della missione delle Nazioni unite nel paese mediorientale: finora sono state rinvenute nelle zone occupate (le province occidentali di Nineveh e Anbar e quelle centrali di Salahaddin e Kirkuk) 202 fosse comuni.
Ne sono state scavate 28, 1.258 i corpi rinvenuti. Uomini, donne, bambini, anziani, disabili, poliziotti, militari. E potrebbero essere molti di più: si ipotizzano 12mila morti, ammassati sotto terra, un bilancio che può salire perché – sospetta l’Onu – potrebbero esserci altre fosse comuni ancora sconosciute.
Si va da fosse con otto corpi, come quella rinvenuta a Mosul ovest, fino alle migliaia di cadaveri a Khasfa. «Le prove raccolte saranno cruciali – si legge nel rapporto – per condurre indagini credibili, tenere processi e comminare pene in accordo con gli standard giuridici internazionali». Inizia così un’indagine che si prospetta lunghissima: riesumare i corpi, compiere autopsie, identificare i cadaveri. Dare loro un nome e una degna sepoltura e alle famiglie la possibilità di «elaborare il lutto e ristabilire i diritti a verità e giustizia».
«Queste fosse – commenta Michelle Bachelet, alto commissario Onu per i diritti umani – contengono i resti di migliaia di persone uccise senza pietà per non essersi conformate all’ideologia dell’Isis. Le loro famiglie hanno il diritto di sapere che cosa sia accaduto». Un percorso ad ostacoli in un paese ancora in macerie, quelle fisiche delle città mai ricostruite e quelle politiche: se l’Onu preme su Baghdad perché crei un registro con i nomi degli scomparsi, la capitale non è ancora in grado di formare un governo a sei mesi dalle elezioni.
Ieri il parlamento iracheno si è di nuovo riunito per individuare gli otto dei 22 ministri mancanti all’appello dell’esecutivo del premier Adel Abdel Mahdi, tra cui i ministri chiave di difesa e interni. Ma le divisioni permangono: ieri si è discusso di budget e della misteriosa morte di migliaia di pesci nell’Eufrate.
* Fonte: Chiara Cruciati, IL MANIFESTO[1]
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