by Madi Ferrucci * | 23 Novembre 2018 9:35
Un sistema sanitario impoverito, ma che riesce ancora a garantire un servizio universale ai cittadini. L’Italia si conferma seconda in Europa per aspettativa di vita dopo la Spagna, anche se con cifre in calo, ma è anche quello che spende meno sulla salute rispetto agli altri stati dell’Europa occidentale. Lo sostiene il rapporto Ocse «Health at a Glance: Europe 2018», pubblicato ieri, secondo il quale il 74 % della spesa è a carico del settore pubblico, il resto vien pagato direttamente dai cittadini, con un 2% in mano alle assicurazioni private.
IL PROBLEMA È LA SPESA complessiva per la sanità. Secondo l’Ocse è tra le più basse d’Europa, 2 mila e 973 euro euro a persona. Con questo valore l’Italia si ritrova in fondo alla classifica seguita solo da Spagna, Portogallo e Grecia. In testa si confermano invece Svizzera, Norvegia e Germania. I dati considerano però sia la spesa pubblica che quella privata. Considerata singolarmente si osserva una diminuzione della spesa per il settore pubblico, con un corrispondente aumento di quella del settore privato. Aumentano anche le spese sanitarie a carico dei cittadini: 674,43 euro, di più rispetto a Germania e Francia.
IL NUMERO DEI POSTI LETTO è l’altro capitolo dolente. Sono 3,2 posti ogni mille abitanti: uno dei dati peggiori in Europa. Basti pensare che la media di Francia e Germania è, rispettivamente, di 6 e 8 posti letto. In linea con questi dati è anche la media dei giorni di degenza trascorsi in ospedale dai pazienti. In Italia si conferma più bassa del dato Ocse (7,80 contro 8,12, considerando tutti i tipi di ricoveri). Cosa significa? Questo è il risultato di una tendenza ormai consolidata nel nostro paese: gli ospedali risparmiano sui costi, cercano di diminuire la permanenza dei malati nelle strutture.
CONSUETUDINI CHE VANNO considerate rispetto a un’altra caratteristica diffusa: la diminuzione del personale. L’Italia ha una media di 12,4 medici attivi ogni 100 mila abitanti, poco al di sopra della media Ocse (12,1). Il dato più grave riguarda gli infermieri: sono soltanto 20,7 ogni 100 mila abitanti, mentre la media Ocse è di circa il doppio (48,8): la Germania ne ha 55 e la Francia 38,9.
QUESTI DATI SONO INSERITI in un contesto socio-economico dove aumentano le diseguaglianze. L’Italia si conferma uno dei paesi con i più alti tassi di longevità (83,4 anni), ma dal 2015 ha visto scendere la media, in particolare tra la popolazione over 75, prima di riprendersi nel 2016. Per il rapporto Ocse il rallentamento sembra essere stato provocato da un calo del tasso di riduzione dei decessi per patologie cardiovascolari e da aumenti periodici dei tassi di mortalità tra gli anziani dovuti in parte alle difficili stagioni influenzali di alcuni anni. Permangono grandi disparità nell’aspettativa di vita non solo per genere, ma anche per status . In media, nell’Ue, gli uomini trentenni con un livello d’istruzione basso hanno un’aspettativa di vita di otto anni inferiori rispetto a coloro che possiedono un diploma universitario. Questo divario indica una disparità nell’accesso all’assistenza e penalizza maggiormente le donne
* Fonte: Madi Ferrucci, IL MANIFESTO[1]
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